di Donatella Lisciotto, all’interno un dipinto di Bruno Samperi
Non solo cenette per l’8 marzo. Di seguito una riflessione della psicoanalista e psicologa Donatella Lisciotto.
Non si può oggi festeggiare la cosiddetta “festa della donna” senza pensare a tutte le donne, mamme, mogli, alle bambine e adolescenti, afflitte dalla guerra, dalle brutalità, dalla sopraffazione, dalla povertà, dalla fame. Dalla pena e preoccupazione per i loro uomini.
Donne (e uomini) dimenticati dal mondo seppure al centro delle sorti del mondo.
Donne (e uomini) in cerca di riparo, di pace, di silenzio.
Donne (e uomini) che conoscono l’abuso più efferato, l’ingiustizia e le prepotenze illimitate.
Questa di oggi – ma dovrebbe valere anche per tutti gli altri giorni dell’anno – è una giornata di solidarietà e vicinanza per tutte quelle donne che in ogni parte del mondo, indipendentemente dall’etnia, il credo religioso o la posizione politica, stanno soffrendo perdite grandissime, alcune irrecuperabili. Dolori che dovrebbero accomunarci tutti.
Scrivere dell’8 marzo in questo momento credo non possa prescindere da uno sguardo che vada oltre l’emancipazione femminile poiché in questo periodo storico sta succedendo qualcosa di cruciale, e di tragico, su cui riflettere insieme.
Fermarsi a pensare, ora: questo è davvero emanciparsi.
Difendiamoci, tutti, dalla commercializzazione dei significati. Dalle troppe parole che obnubilano la mente, dalla finzione attraverso la quale – per uno e uno solo giorno all’anno – si rispetta la donna con un aperitivo, una “cenetta”, e un mazzetto di mimosa.
Le grandi lotte sociali e civili del passato hanno condotto a traguardi preziosi che si consegnano, come un regalo, alle giovani generazioni, affinché resti il fatto che nulla di ciò che è stato raggiunto è scontato. Ed è un lascito grandissimo!
Ma oggi bisogna fare di più, andare oltre.
Non serve più schierarsi, difendere “solo” i “diritti delle donne”.
In una società dove i diritti di tutti (donne e uomini) vengono calpestati continuamente, bisognerebbe piuttosto unirsi – ognuno mantenendo la propria singolarità – per avere più forza e meno paura.
Questo sarebbe veramente rivoluzionario!
L’auspicio sta nel paradosso che l’8 marzo non sia “solo” la festa della donna, ma diventi la “festa dell’uomo e della donna”, diversi, complementari, persino estranei tra loro, ma “intimi”, per affrontare l’esistenza che da soli è difficile.