Politica

Un anno di politica: lavoro e giustizia sociale le priorità per dare un futuro a Messina

MESSINA – Un 2022 intenso politicamente, con colpi di scena e numerosi cambiamenti. Un 2023 che arriva portandosi dietro i problemi dell’anno precedente e qualche piccolo passo in avanti. Le dimissioni di Cateno De Luca da sindaco, la scelta del “guardiano dei conti” Federico Basile per continuare il progetto, le elezioni ammministrative, le regionali e le politiche che hanno visto il successo del leader di Sicilia Vera e Sud chiama Nord. I problemi di salute e la ripresa. Un secondo posto dietro il presidente Schifani, con l‘elezione dei parlamentari messinesi Musolino e Gallo, in un contesto in cui il centrodestra conquista governo nazionale e regionale. Ma a Messina indietreggia rispetto al fenomeno politico creato da De Luca.

Due le date simboliche di questo 2022: le elezioni del 12 giugno con la vittoria di Basile al primo turno e il premio di maggioranza, e il 25 settembre, con l’exploit di De Luca nel Messinese, la vittoria di Schifani alle regionali e la strada spianata a livello nazionale per il governo Meloni. Un anno, questo, che porta al 2023 qualche spiraglio, con la fiducia del sindaco, vedremo se ripagata, sul futuro del Piano di riequilibrio.

E ancora: il primo bando assunzioni in un Comune che ha bisogno di una svolta sul piano della macchina amministrativa, e i tanti (troppi, spesso per colpa della burocrazia) progetti in sospeso in termini d’infrastrutture, viabilità, servizi. Per non parlare del decentramento e di tutti gli altri nodi, fino alla polemica di questi giorni sul risanamento, un ambito nel quale i passi in avanti sono stati compiuti.

Punti di forza e di debolezza dell’amministrazione

Punti di forza e debolezza della Giunta. Da una parte le luci, come la compostezza istituzionale e la competenza economica di Basile, con la capacità da parte della squadra d’intercettare progetti che in concreto potrebbero migliorare la città. E, dall’altra, i punti di debolezza, come la fragilità (nonostante i numeri) politica della maggioranza in Consiglio e una gestione travagliata delle nomine nelle partecipate, dove ci si poteva aspettare qualche elemento di novità in più. Di certo, Messina ha bisogno di un salto di qualità progettuale e la prova decisiva, per l’amministrazione comunale, saranno i prossimi due anni. Non basta solo essere tecnici ma occorre rafforzare la visione politica, inventandosi qualcosa d’innovativo, in sinergia con i governi nazionali e regionali, per creare occupazione e bloccare la fuga dei giovani e di chi ha bisogno di lavorare.

Tra gli elementi positivi, la consapevolezza che la Messina del futuro dovrà potenziare servizi pubblici e isole pedonali, lontano dagli attuali modelli, con l’impostazione del vicesindaco Mondello. Politiche sociali, turismo e cultura, inoltre, dovrebbero diventare i punti qualificanti di una nuova Messina. In questa città serve un cambio di paradigma, un nuovo modello culturale, ma le classi dirigenti degli ultimi trent’anni non hanno dato grandi prove in tal senso.

Un nuovo modello di sviluppo con al centro lavoro e giustizia sociale: una priorità per Messina

Ma per costruire un futuro per Messina occorre un nuovo modello di sviluppo e una visione politica che invertano la tendenza. Lo abbiamo messo in rilievo in più articoli: Messina presenta il più basso tasso d’occupazione dei grandi Comuni, con solo il 35,1 per cento d’occupati. Abbiamo più del sessanta per cento di persone che non lavorano e assistiamo a una continua emigrazione, con circa tremila persone l’anno che vanno via.

Pochissimi, dati alla mano del Sole 24 Ore e degli altri studi, risultano i laureati e sono pure pochi i diplomati in un territorio dove dispersione scolastica ed emergenza sociale tendono ad aumentare: questo è uno scenario sul quale riflettere a tutti i livelli. Dalla scuola alle politiche sociali nazionali, regionali e comunali, senza dimenticare l’Università.

Lo abbiamo scritto di recente e lo ribadiamo in quest’occasione di bilanci: per il territorio messinese, considerando le difficoltà a valorizzare le potenzialità del Pnrr – Piano nazionale per la ripresa e resilienza, solo un investimento massiccio in infrastrutture, cultura, imprese, personale competente nei bandi europei e nella burocrazia, con assunzioni e valorizzazione delle nuove generazioni, potrebbe cambiare la rotta. Partendo da una nuova centralità della scuola e dell’Università e da un piano straordinario nelle politiche sociali.

Al sud serve un New Deal per colmare il divario Nord-Sud

Dalla lotta alla dispersione scolastica al sostegno economico e occupazionale, serve un New Deal, come negli Stati Uniti di Roosevelt negli anni Trenta, per far ripartire davvero zone a rischio desertificazione. Senza i migranti e le seconde generazioni, oggi molti quartieri sarebbero quasi deserti.

Ambiente, occupazione, imprese dovrebbero essere tutti i tasselli di una qualità della vita che non si può affidare solo al bel clima, in assenza di servizi e diritti. Senza dimenticare le strade, i collegamenti ferroviari, i servizi pubblici. Al sud serve un New Deal privo di clientelismi e carrozzoni.

Le parole chiave del 2022/23, come agenda politica, sono il lavoro che non c’è, l’area metropolitana dello Stretto con Messina e Reggio, il Ponte sullo Stretto, le infrastrutture, i servizi, la sanità pubblica, i diritti e i doveri da rilanciare nel solco dei valori della Costituzione. Senza una solida visione politica, Messina non si rialzerà e tocca a chi governa compiere un salto di qualità in tal senso, incalzando le istituzioni nazionali ed europee con progetti e idee per creare lavoro.

L’evaporazione della sinistra

Quello che preoccupa è la debolezza strutturale della sinistra italiana, sia radicale sia riformista. Una sinistra che non c’è, ancora più debole di quella europea, per tacere dell’inesistenza di quella messinese. Da qui bisogna ripartire, per ricostruire, e questo giornale ha già dedicato al tema più riflessioni. Ma non per un attaccamento a sigle e formule politiche ma perché le emergenze di oggi sono anche frutto di un deficit di giustizia sociale e di politiche economiche d’impronta almeno socialdemocratica o laburista. Politiche che pongano al centro l’individuo e non il mercato senza regole. Il tutto senza dimenticare l’eterna questione meridionale, con un’Italia a due velocità per trasporti, sanità e possibilità d’occupazione.

Le emergenze del 2022: la pandemia, la guerra, il caro bollette, le risorse energetiche, le migrazioni, le vecchie e nuove povertà

Come abbiamo scritto, l’emigrazione di massa e l’impoverimento complessivo a Messina, senza nascondere pure la diffusione del lavoro nero in un’economia legale debole, incidono su tutti gli aspetti. Risulta difficile fare impresa e il nostro pensiero in questo fine anno è per tutte le emergenze che ci portiamo dietro dal 2022: questi anni di pandemia a causa del Covid (ma è davvero finita?), la guerra in Ucraina e le guerre nel mondo, le violazioni dei diritti civili in Iran e non solo, il caro bollette e l’allarme risorse energetiche. E ancora: le povertà in crescita, i migranti senza diritti, osteggiati da governi europei che hanno perso il legame con i valori democratici più profondi, i gravi disagi abitativi e i diritti delle persone con disabilità.

Al governo Meloni non risparmieremo critiche quando non saremo d’accordo sulle scelte compiute, dal tema reddito di cittadinanza all’immigrazione e alle politiche sociali, ma sempre senza preconcetti e con rigore professionale.

Cerchiamo un po’ di luce in questi tempi sbandati

Era il 26 febbraio, quando si svolgeva a Messina, in piazza Unione Europea, una manifestazione per la pace. Il conflitto era appena scoppiato e, oggi più che mai, facciamo appello a un mondo di pace da costruire con una politica diplomatica all’altezza.

“C’è una crepa in ogni cosa, è così che entra la luce”, canta Leonard Cohen in “Anthem” (“Inno”). Noi, in questi complicatissimo periodo e in questo tempo sbandato, cerchiamo di intravedere la luce per non soccombere a un presente che non ci piace e che vogliamo cambiare. Come cronisti, abbiamo gli strumenti dell’onestà intellettuale e del rigore del mestiere per cercare di offrire un’informazione migliore. E scusateci per gli errori. Ce la metteremo tutta, care lettrici e cari lettori, ma intanto buon 2023.