Un messinese ai bombardamenti tripolini del 1804: Salvatore Catalano

Un messinese ai bombardamenti tripolini del 1804: Salvatore Catalano

Vittorio Tumeo

Un messinese ai bombardamenti tripolini del 1804: Salvatore Catalano

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martedì 13 Ottobre 2020 - 07:42

Il pilota navale fu decorato dal presidente americano Jefferson

Sono passati più di duecento anni da un fatto storico certamente poco noto se non addirittura grattato via dalla memoria collettiva cittadina, forse già di per sé poco incline a catturare modelli ispiratori importanti, che ha avuto per protagonista un messinese. Il primo autore a riportare questo interessante episodio è il notissimo storico, scrittore e marinaio vissuto a cavallo tra XIX e XX secolo Augusto Vittorio Vecchj, meglio noto con lo pseudonimo di Jack la Bolina, che alla figura dell’uomo di mare messinese dedicò uno studio intitolato appunto “Un precursore degli italiani a Tripoli. Salvatore Catalano ed i bombardieri napoletani nell’anno 1804e sulla sua falsariga si sono attestati i contributi di altri storici che hanno narrato, ognuno col proprio stile, questa curiosa pagina di storia.

A. V. Vecchj

Era il 1804 quando a Tripoli il pilota di nave Salvatore Catalano scriveva la trama di quello che Nelson, allora impegnato nel blocco di Villaneuve a largo di Tolone, appena ne apprese notizia, commentò come “il fatto navale più temerario e ben condotto del nostro tempo”. Occorre balzare indietro di tre anni per cogliere il senso dell’evento e precisamente allo scoppio della guerra di Tripoli tra la reggenza di questa e gli Stati Uniti d’America, protrattasi per cinque anni. Allora, mentre le altre nazioni marinare non seppero svincolarsi dal giogo delle reggenze barbaresche, che anzi sovvenzionavano con un tributo annuale, la corona delle Due Sicilie dal canto proprio non ebbe timore non solo ad ospitare nei porti di Messina e Siracusa le navi americane, ma si spinse addirittura oltre, accogliendo la richiesta di fornitura di 6 cannoniere, 2 bombarde e 96 marinai avanzata dal commodoro Preble che capitanava le forze navali americane del Mediterraneo da adoperare contro Tripoli. Erano così radunate la Constitution, fregata da 44 cannoni, la Philadelphia da 36 e i brigantini Nautilus, Vixen, Siren, Argus e Intrepid, da 16 o da 12. Accadde però che malauguratamente la Philadelphia, come scrive il suo capitano Bainbridge in una lettera-rapporto dell’11 novembre 1803 inviata al Ministro della Marina americana, si incagliò tra gli scogli, cadendo in mano alle forze tripoline e marocchine. Fu deciso di distruggerla. Per entrare senza destare sospetti nel porto di Tripoli usarono l’Intrepid, che era in realtà una nave-bastimento sequestrata ai tripolini, capitanata da un tale Stefano Decatur.

È qui che entra in gioco il messinese Salvatore Catalano, che insieme a cinque guardiamarina e sessantadue marinai prese parte alla missione col ruolo, in qualità di conoscitore della città di Tripoli, di “pilota”. La sera del 3 febbraio l’Intrepid e il Siren salparono da Siracusa, giungendo in prossimità della capitale libica giorno 7. Decatur inviò Catalano e il guardiamarina Morris in avanscoperta, ma fu costretto a salpare nuovamente quando questi lo informava dell’impossibilità di penetrare nel porto a causa delle forti mareggiate. Qualche notte più tardi, il 16, il Siren e l’Intrepid si mossero. Da qui in poi sembra di stare realmente dentro un romanzo d’avventura di Conrad o di O’Brian. Catalano al timone affiancò il brigantino alla Philadelphia. L’assalto all’arma bianca fu così fulmineo che, come riportano gli storici, tranne una ventina di uomini trafitti dalle spade americane, scintillanti al chiarore della luna, il resto dei tripolini fuggì con le lance di bordo oppure si gettò in mare e ritornò a nuoto verso la costa, dove poi ci si affrettò a dare l’allarme.

Gli oltre 150 cannoni delle fortificazioni e delle navi ormeggiate non tardarono infatti a far fuoco verso l’Intrepid e il Siren che nel frattempo si erano già allontanate, mentre sulla Philadelphia era divampato un poderoso incendio; il fuoco, a contatto con la polvere da sparo e i cannoni surriscaldati non tardò a culminare in una violenta esplosione. Era la mattina del 19 febbraio 1804 quando i due brigantini rientrarono a Siracusa. Qualche mese dopo il presidente degli Stati Uniti, all’epoca Thomas Jefferson, promosse Decatur a capitano di Vascello e Catalano a pilota della divisione americana. Lo vedremo ancora impegnato ad agosto di quell’anno in altri bombardamenti americani e napoletani contro le forze tripoline di terra e di mare. È una realtà inossidabile quindi, che dalla squadra navale di Preble e dalle competenze topografiche e marinare del messinese Salvatore Catalano dipese la pace che gli Stati Uniti conclusero onorevolmente con la reggenza di Tripoli nel 1806.

Vittorio Tumeo

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