Sorgerà a Berlino. Si chiamerà House of One. Un edificio che sarà al contempo una chiesa, una sinagoga e una moschea. Un luogo di culto ecumenico che sorgerà sulle antiche fondamenta di una chiesa del XIII secolo, la Petrikirche, demolita durante il comunismo nel 1964. Quattro anni il tempo prefissato per il completamento dei lavori. Qua il sito web.
Un’idea dell’imam Kadir Sanci, del rabbino Andreas Nachama e di padre Gregor Hohberg, un prete protestante. Dieci anni fa le prime discussioni, il progetto che prendeva forma. Il rabbino Nachama ha commentato così: «È stata una brillante idea di padre Gregor quella di creare uno spazio spirituale nel luogo in cui per 750 anni sorgeva la chiesa più antica di Berlino». La nuova casa delle religioni, ha aggiunto Nachama, «metterà assieme ebrei, cristiani, musulmani, altri credenti e non credenti. Dovrebbe diventare una casa di rispetto reciproco».
«Un luogo di tolleranza e apertura» che solleciti «l’aspirazione teologica di aprirsi ad altre prospettive spirituali con uguale rispetto»: queste le parole di Wolfgang Schauble, presidente del Bundestag, il parlamento federale tedesco. Schauble ha anche postato la prima pietra dell’edificio il 27 maggio 2021
L’edificio è progettato dallo studio berlinese Kuehn Malvezzi, e prevede un investimento di circa 47 milioni di euro. Avrà una struttura semplice, un’architettura libera dal simbolismo religioso. I tre architetti dello studio sono Simona Malvezzi, e i fratelli Wilfried e Johannes Kuehn. «Ci lega una visione dell’architettura, che abbiamo chiamato architettura curatoriale, in quanto è anti-spettacolare e basata sulla collaborazione non soltanto tra di noi ma anche con altre discipline, con artisti, fotografi, paesaggisti ed altri» ha dichiarato Wilfried Kuehn.
Osman Örs, un imam coinvolto nel progetto, ha espresso l’importanza dell’opera in questo modo: «Questa diventerà la moschea più centrale di Berlino. Ogni tanto, alcuni musulmani si confondono quando cercano su Google una moschea nel centro della città». Padre Gregor Hohberg ha sottolineato che «questo quarto spazio è anche il cardine della società urbana, prevalentemente laica. Insieme, le tre religioni invitano le persone che seguono una fede diversa, o anche nessuna fede, a venire a fare domande e ad assistere a discussioni appassionanti. La tolleranza ha bisogno di spazi di incontro».
Al di là di facili entusiasmi, la cosa che più colpisce è la mancanza di sacralità della struttura, come espressamente dichiarato dagli stessi architetti. Un luogo sacro che non ha niente di sacrale, e che pone l’accento sul dialogo (orizzontale) con gli altri uomini piuttosto che sul dialogo (verticale) con Dio. Lascia dunque perplessi proprio l’intento con cui è stato progettato l’edificio, che non ha le fattezze di un luogo di preghiera ma di incontro. Una piazza, un’agorà interreligiosa, ma non un luogo di culto. Ce n’era proprio bisogno?