La lettera aperta della presidente della Lelat Anna Maria Garufi
Mi chiedo e vi chiedo in questa disperata città come si può fare per avere giustizia e assistenza sanitaria. Ho quasi 80 anni e per amore e senso di responsabilità ho passato una intera giornata, digiuna, per vedere di trovare una soluzione per un giovane alcolista che “uscito fuori di testa” aveva iniziato a minacciare la moglie di ucciderla e poi di uccidersi.
Facendo leva sul carisma che avevo sempre avuto su di lui, sono riuscita a portarlo a casa mia, a chiamare il 118, a far venire la dottoressa dell’ASP per prescrivergli un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio). Arriviamo al Papardo dopo averlo imbottito di sedativo (nel frattempo si erano già fatte le 17 e noi combattevamo dalle 11…), e lì la psichiatra, avendolo trovato sedato e calmo, ha dichiarato che non lo avrebbe ricoverato perché non c’erano gli estremi per un TSO (premetto che era già scappato ieri dal Policlinico e l’altro ieri dal Piemonte).
Se avesse minacciato ancora suicidi e omicidi, bisognava segnalarlo ai carabinieri (che a loro volta non hanno strumenti per aiutarlo). Abbiamo pregato la dottoressa del Papardo di fargli il TSO per non farlo scappare, ma si è opposta perché a suo dire dovevamo portarcelo a casa. Siamo andati via frustrati e spaventati dicendole che se fosse successo qualcosa se ne sarebbe assunta la responsabilità. Ho mandato messaggi al sindaco e all’assessore Calafiore che, essendo domenica, non rispondevano al telefono di servizio.
Nel viaggio di ritorno ci ha tirato di colpo il freno a mano perché c’era un bar e ci stava facendo ammazzare. Ora l’ho lasciato alla moglie che, terrorizzata, se lo riportava a casa e io alle 21,30 sono tornata a casa mia. Ho insistito perché venisse anche lui ma all’inizio non ne voleva sentire!
Poi, dopo aver bevuto un po’ si è convinto e ha passato la notte a casa mia. Questa mattina l’ho portato al Sert, ma ambulatorialmente non hanno gli strumenti per disintossicarlo se non con farmaci anticraving e una scaletta …di alcol
Insomma a chi ci si deve rivolgere per aiutare una persona non in grado di intendere e di volere? Alla malattia della dipendenza si deve rispondere con la galera? Si deve arrivare allo scarica barile delle istituzioni se avviene un fatto di sangue?
Il Presidente della Le.L.A.T Anna Maria Garufi