Ha più di 100 anni e se li porta benissimo. “Uomo e galantuomo”, di un giovanissimo Eduardo De Filippo (testo in tre atti conosciuto fino al 1933 con il titolo Ho fatto il guaio? Riparerò! ), arriva al Teatro Vittorio Emanuele di Messina con la regia di Armando Pugliese, tra i più grandi registi italiani. Geppy Gleijeses, allievo di Eduardo (al quale il maestro ha passato il testimone, lasciandogli il compito di rappresentare le sue opere), è il capocomico Gennaro De Sia; suo figlio Lorenzo Gleijeses, allievo prediletto di Eugenio Barba, interpreta, invece, il ricco albergatore Alberto De Stefano.
Insieme a loro, Ernesto Mahieux, David di Donatello per “L’imbalsamatore” di Matteo Garrone, nel ruolo del Conte Tolentano e un cast di incredibili attori.
Di nuovo un padre e un figlio insieme, così come lo erano nell’originale Eduardo e suo figlio Luca, in una commedia dai toni ‘scarpettiani’, un meccanismo comico straordinario pieno di equivoci e fraintendimenti dall’effetto incisivo. Alla storia di una compagnia di guitti scritturati per alcuni spettacoli all’interno di uno stabilimento balneare si legano intrecci amorosi e complicati inconvenienti la cui unica via di fuga e arma di difesa sarà la follia.
Ad essere proverbiale è la scena di “Malanova” di Libero Bovio provata più volte dagli attori, in cui un intempestivo e disattento suggeritore (nella divertentissima interpretazione di Gino Curcione), continuamente frainteso, renderà il tutto sempre più caotico, generando numerosi intoppi e inconvenienti.
Questo rivelatore episodio di teatro nel teatro si fa anche critica di quel teatro declamatorio attaccato da De Filippo. Tanto l’interpretazione di Geppy Gleijeses – che cerca di riportare il più possibile il suo maestro sul palco, senza imitarlo macchiettisticamente ma con originalità e qualche riferimento anche a Charlot di Charlie Chaplin – quanto quella di Lorenzo Gleijeses – che rende ancora più visionaria ed esagerata l’ostentata follia del suo personaggio – vogliono convogliare l’attenzione su quei temi centrali nella commedia e tanto cari a De Filippo: dall’ispirazione pirandelliana al contrasto tra la difficoltà di chi lotta ogni giorno per sopravvivere e lo sfarzo di chi sguazza nella ricchezza; la critica al finto perbenismo, all’apparenza; il potere della comicità che ridendo fa riflettere, ridere per denunciare i cattivi costumi.
Così la resa registica si muove tra tradizione e innovazione, la comicità del passato viene mostrata nella sua eterna attualità, fatta di battute spontanee e mai artificiali. In essa rivive il presente. Nel racconto di tempi in cui era all’ordine del giorno il delitto d’onore (che De Filippo denuncia nella sua tragica assurdità proprio tramite la messa in ridicolo dei suoi protagonisti maschili tutti traditi dalle loro donne) sentiamo forte il richiamo anche al nostro di tempo.
E se il complemento naturale del ruolo del galantuomo – che nessuno sa davvero recitare – è quello della follia, unica risoluzione di ogni complicato ingarbugliamento, a trionfare è, poi, la figura dell’antieroe. Se all’inizio, dagli ambienti e dagli abiti indossati, la separazione tra uomo comune e galantuomo appariva netta, pian piano, le tinte si fanno più confuse e più ardua la loro distinzione. Uomo e galantuomo, alla fine, è ciascuno di noi, tra virtù e debolezze, verità e maschere e un po’ di umana follia.
Uomo e galantuomo di Eduardo De Filippo
𝐆𝐞𝐩𝐩𝐲 𝐆𝐥𝐞𝐢𝐣𝐞𝐬𝐞𝐬, 𝐋𝐨𝐫𝐞𝐧𝐳𝐨 𝐆𝐥𝐞𝐢𝐣𝐞𝐬𝐞𝐬
𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒𝑐𝑖𝑝𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖
𝐄𝐫𝐧𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐌𝐚𝐡𝐢𝐞𝐮𝐱
e con Patrizia Spinosi, Ciro Capano, Gino Curcione, Roberta Lucca, Gregorio Maria De Paola, Irene Grasso, Salvatore Felaco, Demi Licata
scene Andrea Taddei
costumi Silvia Polidori
disegno luci Umile Vainieri
musiche Paolo Coletta
aiuto regia Norma Martelli
regia Armando Pugliese