Sfiducia: sì o no, comunque vada, resteranno le ferite

Comunque vada resteranno le ferite. Ci saranno strascichi, non sarà mai più tarallucci e vino.

A pochi giorni dal voto sulla sfiducia le sorti del Comune sono in mano agli indecisi (finti o reali che siano), e già questa è una sconfitta. Non avere un’idea netta tra sfiducia o meno a distanza di quasi un mese dalla sedicesima firma, di nove mesi dalla prima firma, tre anni e mezzo dal mandato è inquietante. Il sì e il no è dei coraggiosi, il vorrei ma non posso, il forse, il non lo so, fanno paura perché possono diventare “moneta di scambio”, in un senso o nell’altro.

Al netto degli indecisi, al netto di un clima di tensione che ci sarà in Aula, con i consiglieri soggetti alle pressioni (sia per il sì che per il no) con le tifoserie come in derby, comunque vada, resteranno le ferite.

In entrambi i casi non sarà facile sanare le ferite, le divisioni. Proviamo ad immaginare entrambi gli scenari.

SCENARIO 1: PASSA LA SFIDUCIA

Supponiamo che si raggiunga quota 27 per il rotto della cuffia.

Già dalle scorse settimane si è vista quale sarà la posizione dell’amministrazione che si giocherà fino alle elezioni di giugno: la carta del martire vittima dei poteri forti, di quellicheceranoprima, di quellichenonsenesonomaiandati, e via dicendo. La campagna elettorale 2017 Accorinti la farà con l’immagine di lui crocifisso e con i consiglieri che lo hanno sfiduciato nel ruolo dei soldati romani. I problemi saranno per i due schieramenti. Quando nel 2013 ha vinto Accorinti, sia il centro-destra che il centro-sinistra, invece d’interrogarsi sulle ragioni della sconfitta, avviare subito il cambiamento e puntare ad una nuova classe dirigente hanno preferito, come direbbe Bersani “pettinare le bambole” e crogiolarsi nell’antiaccorintismo a corrente alternata. Nel frattempo la questione Genovese ha lasciato in ostaggio l’intero mondo partitico: il centro-sinistra dal 2013 a dicembre 2015 e il centro-destra da dicembre 2015 ad oggi.

Il centro-sinistra: dopo aver trascorso i primi mesi a flagellarsi per la sconfitta è iniziata la fase del letargo. Gli alleati del Pd sono rimasti a guardare cosa accadeva in casa Dem come se il problema non fosse anche il loro. Il Pd dello Stretto, alle prese con l’arresto di Genovese e le inchieste Corsi d’oro, è rimasto “appeso” alle decisioni del parlamentare. Dall’ottobre 2013 fino a ottobre 2015 (due anni tondi) c’è stato un commissariamento sotto “tutoraggio”. Dall’ottobre 2015 ad oggi il Pd è passato alla gestione commissariale di Carbone che invece di aiutare la ricostruzione, approfittando del trasloco dell’area Genovese, ha lasciato tutto come prima. In parole povere dal 2013 ad oggi il centro-sinistra, ostaggio delle decisioni di Genovese in un senso o nell’altro (sia quando c’era sia quando non c’era più) non ha battuto un colpo. Si è svegliato come la Bella addormentata quando è arrivata la sedicesima firma alla mozione. Peccato che nel frattempo nessuno ha pensato a rinnovare la classe dirigente. Non lo ha fatto il Pd perché dopo la trasmigrazione dei genovesiani c’è stato un solo pre-tesseramento e nessun congresso o momento di apertura alla base. Insomma, porte chiuse. Non lo hanno fatto gli ex Udc, alle prese con le liti che hanno poi portato al divorzio con Cesa. L’area Germanà è un nuovo ingresso e il Megafono si è quasi estinto. Solo Sicilia Futura è cresciuta e il coordinatore cittadino Salvo Versaci ha tracciato l’identikit del candidato ricordando appunto che in quasi 4 anni nulla è stato fatto in quel fronte. In caso di sfiducia ed elezioni a giugno quindi non sarà facile trovare l’unità e una classe dirigente nuova ma rispetto al centro-destra che deve ricominciare da zero e Accorinti che gioca la carta del martire, può puntare sul vento del rinnovamento (e le ferite saranno di quanti non vogliono aprire le finestre per fare il cambio di stagione)

Il centro-destra- a livello nazionale il Pdl è scomparso dopo il divorzio Ncd-Forza Italia. A Messina, a causa di quel divorzio Forza Italia nel 2014 si è svuotata per poi riempirsi nel dicembre 2015 con le truppe Genovesiane. Se si andasse alle elezioni a giugno il centro-destra ci arriverebbe acciaccato perché dopo il divorzio non ha ricostruito la nuova classe dirigente e l’unica classe dirigente che c’è è quella genovesiana quindi di origine Pd. Anche il candidato sarebbe espressione di quell’area. Chi è sempre rimasto a destra è in minoranza numerica ed anche Fratelli d’Italia non ha la forza per incidere.

Riassumendo: Accorinti mostrerebbe le ferite del martire, il centro-sinistra avrebbe a che fare con una ricostruzione non indolore e il centro-destra rischia forti perdite sul campo.

SCENARIO 2: NON PASSA LA SFIDUCIA

Supponiamo che non venga raggiunta quota 27 e che Accorinti resti in sella fino a fine mandato. Il centro-sinistra e il centro-destra potrebbero, ma non è detto che lo facciano, smettere di “pettinare le bambole” e ricostruire i partiti. Accorinti non giocherebbe più la carta della vittima ma quella del veterano di guerra. Pd, centristi e Sicilia Futura, che voteranno sì alla sfiducia hanno già detto che chi voterà contro dovrà assumersi la responsabilità di sostenere l’amministrazione Accorinti fino alla fine del mandato. E’ un messaggio indirizzato all’area Genovese per ribadire che il senso di responsabilità non è come le mezze stagioni e la coerenza va di pari passo con il mantenimento del numero legale in Aula più che al fuggi fuggi.

Centristi, Pd e Sicilia Futura dicono ai no: “se hai voluto la bicicletta di Accorinti ora pedali”. Le dimissioni dei vicepresidenti Interdonato e Crisafi (lodevoli perché hanno rinunciato a comode poltrone, fatto piuttosto raro di questi tempi) sono le avvisaglie della fine delle larghe intese. Lo scontro sul caso Sindoni è un altro avviso di burrasca. Accorinti, gioco forza dovrà di volta in volta fare appello agli stessi che lo hanno salvato, evitando di chiamarli indegni e sorvolando sul passato che ritorna visto che è quel passato che lo sta tenendo lì. Da adesso fino alla fine del mandato, nel giugno 2018, ci sono le Regionali di ottobre e le Politiche di febbraio 2018 (a meno che non vi siano le Politiche anticipate).

Nel caso in cui non passi la sfiducia i consiglieri che vogliono candidarsi alle Regionali sperano di farlo con il vento in poppa ed in posizione privilegiata. Ma pensare che soffino venti di primavera da qui ad ottobre è da ingenui.

Chi sta alla finestra sono i 5stelle. Per loro, sia che la sfiducia passi sia che non passi non ci sono ferite da sanare. Sono in ottima salute e seduti a guardare in Tribuna (mangiando pop corn).

Rosaria Brancato