Cala il sipario anche sul Consiglio Comunale. E verrebbe da aggiungere, finalmente. Non si dovrebbe generalizzare è vero, ma il Consiglio comunale è un organismo collettivo e purtroppo, pur salvando uno sparuto gruppo di consiglieri che hanno dato il massimo e hanno provato ad elevare il dibattito, non si può che bocciare quest’Aula, risultata davvero speculare all’amministrazione Accorinti.
Prima ancora delle inchieste che hanno gettato ombre sull’Aula c’è un’altra considerazione da fare nel tracciare un bilancio di questo mandato consiliare: l’incapacità ad assolvere pienamente il ruolo affidato al Consiglio.
Nel giugno del 2013 la maggioranza dell’Aula (il 60% degli eletti su 40) era di posizione opposta a quella dell’amministrazione. Il sindaco infatti, oggi come nel 2013, poteva contare solo su 4 consiglieri. In realtà l’Aula è rimasta in un limbo, incapace di fare sia da opposizione che da “nuova maggioranza”. E’ stata trascinata dalla corrente limitandosi, per paura di perdere la poltrona, ad approvare con la soglia minima garantita, tutte le delibere last minute che l’amministrazione ha trasmesso.
Il Consiglio ha fallito perché non ha mai avuto una chiara identità, non c’è mai stata alcuna forte indicazione politica, un guizzo, un dibattito elevato sui temi fondanti della città, anche attraverso atti d’indirizzo o vere e proprie battaglie.
Per 5 anni il Consiglio si è limitato a fare il compitino senza provare a volare un po' più in alto. Il problema più grave sono stati GLI ASSENTEISTI: SU 40 INFATTI LA META’ in 5 anni non si è vista e quando il corpo era presente (raramente) lo spirito era altrove. Tranne nel corso della seduta d’insediamento (e per l’elezione del presidente del Collegio dei revisori dei conti) tutti e 40 insieme non li abbiamo mai visti. Delibere importantissime sono state votate da 19, 21, massimo 25 consiglieri. Bilanci approvati con i sì di 9 consiglieri e 8 astenuti danno il segno di quanto non possa essere accettabile che il destino di una città possa essere deciso non solo da pochi, ma da pochi terrorizzati dall’idea di perdere la poltrona e quindi pronti ad appoggiare senza battere ciglio di tutto appigliandosi al mantra “del senso di responsabilità”.
E’ mancato il coraggio di osare e di cambiare, anche di affrontare un dialogo con l’amministrazione. Così si è passati da attacchi di facciata a ritirate da agnellini poche ore dopo.
Poi ci sono state le inchieste: Gettonopoli prima e Matassa poi.
C’è stato anche quel cambio di casacca collettivo tale da poter essere considerato un ribaltone che ha mutato la forma ma non la sostanza. Chi era a sinistra si è spostato in massa a destra. Ma nella sostanza non è mutato nulla.
Gli attuali 40 non sono gli stessi eletti del 2013, perché ci sono state dimissioni nel corso degli anni, un caso d’ineleggibilità ed un arresto.
Dei 40 è doveroso “salvarne” una pattuglia di 10 massimo 14 consiglieri che hanno il grande merito di averci creduto e provato. Un merito che è ancor più grande rispetto al deserto intorno, alla povertà di contenuti e di obiettivi. Ce ne sono stati altri 10 che hanno consentito il mantenimento con la loro presenza del numero legale.
Dei 14 migliori alcuni si ricandidano e altri no. Purtroppo non sono riusciti a “sollevare” il resto dell’Aula. Più che altro perché ai restanti 20 non gliene fregava assolutamente nulla né della città né dei colleghi. Per gran parte dei consiglieri il ruolo da svolgere è ancora visto come quello dello sbriga faccende, del fattorino. Altri sono birilli messi lì dai big dei partito con scarse capacità di autonomia.
Non sono bastate poche rose per salvare un cespuglio inaridito, per quanto profumate e belle possano essere.
E’ mancato il coraggio di fare davvero le cose, il coraggio dei no e dei sì al momento giusto e per la cosa giusta.
Due gli episodi simbolo di questo mandato consiliare e sono entrambi due “commedie”: la ridicola battaglia sull’isola pedonale di via dei Mille e il ridicolo teatrino sulla sfiducia.
In entrambi i casi abbiamo assistito a scene surreali e ipocrisie. In entrambi i casi il finale era scontato ed in entrambi i casi la città è rimasta ostaggio di una farsa.
Di una sola isola pedonale in una sola via si è discusso, tra Aula, Tar, dibattiti infiniti, per 5 anni, mentre in tutto il resto della città il commercio moriva e le saracinesche si abbassavano. Guelfi e Ghibellini se le dicevano di tutti i colori mentre Messina moriva.
Stessa scena per la sfiducia. Una farsa stucchevole alla quale nessuno ha mai creduto. Un finale scontato a conclusione di due anni di ipocriti battibecchi.
In quei giorni dichiarò D’Alia: “Consiglio e giunta sono pane duro e coltello che non taglia”. E sono rimasti così, speculari. Si sono odiati dal 2013 ad oggi ma sono rimasti insieme come coniugi rancorosi. Come nella Guerra dei Roses lasciano ben poco di intatto nella casa. Avanti un altro. Anzi, avanti altri 32.
Rosaria Brancato