Con la cultura non si mangia dice qualcuno. Non è così. E senza cultura non si vive. E’ da questa constatazione che nasce lo spirito della manifestazione al Teatro Vittorio Emanuele, dal tema Messina città del futuro, voluta ed organizzata da Paolo Siracusano. Senza cultura la Messina di domani non potrà vivere ma solo sopravvivere, passare da un giorno ad un altro. Chiunque vorrà cimentarsi nel progettare una città dalle macerie, perché è questo che hanno lasciato gli ultimi 20 anni di politiche egoistiche e personalistiche, non potrà prescindere dal ridare un’anima a questo guscio. Il filo conduttore degli interventi, dagli artisti ed attori dell’Actor Gym di Vincenzo Tripodo (bravissimi e passionali), dalla lettura di brani di Carlo Maria Martini, Elio Vittorini, Roberto Alajmo, Gianni Rodari, fino alle parole vibranti di Sonny Foschino, Presidente del Circolo Impastato di Brolo, di Piergiorio Fiorino, studente liceale, dell’architetto Antonio Galeano, dello storico Franz Riccobono è stato proprio questo, la cultura intesa nel senso più ampio come forza trainante per la ricostruzione di un’altra Messina, perché questa non ci piace più. Il Teatro Vittorio Emanuele era affollato a dimostrazione che davvero, nonostante tutto, nonostante la malapolitica, i disastri, la disoccupazione, sono tanti i messinesi che si sono svegliati per riappropriarsi della vecchia delega in bianco data ad una classe politica che ha fallito. Ed è da questa rinnovata voglia di partecipazione che ormai trabocca a qualsiasi evento o manifestazione che non abbia il “marchio” dei vecchi partiti, che si deve ripartire. Dalla gente. Dal monologo di Piergiorgio Fiorino, che va ancora a scuola e che mentre diceva “i siciliani non cambiano, aspettano che siano le cose intorno, gli altri intorno a cambiare” io mi arrovellavo il cervello per ricordarmi chi avesse scritto quelle frasi salvo scoprire che le ha scritte lui, “la salvezza verrà se ci innamoriamo della nostra terra”. La Messina che sogniamo tutti oggi è quella città descritta dal cardinale Carlo Maria Martini : “sogno una città solidale, ma dove ci siano spazi di silenzio meditativo, sogno una città vivificata dove le strade siano percorribili in tutti i sensi”. La Messina che vogliamo è abitata da giovani che non vogliono andar via, come Sonny Foschino che ha fatto dell’antimafia la sua battaglia “Voglio vivere senza dovermi vergognare di essere siciliano. Oggi i giovani sono usati come medagliette da attaccarsi al petto in campagna elettorale. Il ricambio non è solo auspicabile, è urgente e necessario. Aiutateci a riamare una politica che sia bella da vivere ed al servizio dei cittadini e non il contrario, i cittadini al servizio dei politici. Si vince con il NOI. Ricordiamo che i figli di Messina sono stati Pugliatti, Falzea, Cingari, è per loro che dobbiamo tenere alto il baluardo della cultura”.
C’è poi chi, come l’architetto Antonio Galeano ha ricordato che la “cultura” è anche quella politica urbanistica che fa scelte non scellerate, non scava le colline per farci palazzi ma rivitalizza i forti ed i Castelli, crea parchi di frontiera o chi, come Franz Riccobono ha sfatato il mito di una città rimasta senza passato dopo il terremoto del 1908, raccontando come pezzi di storia sono oggi aggrediti dall’incuria dal saccheggio e dall’ignoranza. Galeano e Riccobono hanno sottolineato che se inizi a costruire un Palacultura e un Museo Regionale e ti servono 40 anni per finirlo non solo hai fallito ma hai realizzato un “reperto storico”. A parlare di politica ci hanno pensato Roberto Cerreti, del Movimento Liberi Insieme, ed in chiusura Paolo Siracusano. E’ difficile parlare di politica ad una platea stanca di promesse e delusioni. Ma le amministrative sono alle porte e sbagliare anche stavolta significherà per i messinesi pagare definitivamente il conto.
“Dobbiamo dare soluzioni serie ai sogni- ha detto Cerreti- dare risposte ai giovani finora trattati come riempi-liste o per attaccare i manifesti. La nuova classe politica è dei pacchettisti, quelli che ti danno una pacca sulle spalle e ti dicono: tranquillo, morirete ma verremo al vostro funerale. Messina non merita questo, non merita una classe di funzionari massoni che bloccano ogni iniziativa. Il 17 febbraio 2011 è stato il Giorno della collera in Libia. Le date hanno un senso. Oggi è il 17 febbraio 2013, iniziamo una nuova stagione di collera.” In una città che, come ha ricordato Riccobono negli ultimi anni non ha avuto un assessorato alla cultura, può accadere una domenica di febbraio che centinaia di giovani vadano in visita al Forte San Salvatore e scoprano che “esiste”. I giovani ci sono, i tesori ci sono. Siamo noi diventati ciechi. In sala, in prima fila, Francantonio Genovese, al quale Cerreti ha fatto l’invito a “lasciare la segreteria ed uscire in strada per ascoltare la gente” e Siracusano a “fare il padre nobile” facendo crescere una classe dirigente nuova.
“Noi non siamo un soggetto politico. Io non sono candidato a sindaco- ha chiarito Paolo Siracusano- ma questa è la mia città. Mio nonno qui lavorava nel settore degli agrumi, li esportava. Io voglio restare qui e non voglio che i miei figli se ne vadano, perché poi non tornano più. Voglio invecchiare sapendo che loro sono qui ma felici di esserlo”. Come imprenditore ha fatto “outing” ha ammesso che la crisi ha messo in ginocchio anche la sua azienda ma sta resistendo. “Noi messinesi siamo abituati a fermarci per guardare indietro. Non facciamolo più, guardiamo avanti, basta guardare al giardino del vicino pensando che è più bello con invidia”. Poi ha tracciato un quadro di proposte che guardano tutte al turismo ed al territorio come risorsa, immaginando una città più simile a Dubai che a Capo Mmunnizza, una costa come Barcellona di Spagna piuttosto che come l’attuale zona falcata.
“Abbiamo riempito questo Teatro senza essere strutturati come un partito, l’abbiamo riempito di persone. Penso che un sindaco deve tracciare la strada e lavorare con una squadra. Ma la politica non si può sostituire per autotutela. Non mi candido a sindaco, ma cari politici questa città deve avere un sindaco altrimenti ve la governate da soli ma soli resterete”.
Rosaria Brancato