“Messina non è più una città in cui credere, c’è un calo drammatico nella popolazione e per ogni persona che va via ci sarà un posto in meno al ristorante, un paio di calzini in meno da vendere nel negozio, meno caffè al bar. Ogni ragazzo che va via è un calo del Pil e tutto questo è drammatico. Invece io dico, invertiamo la rotta. Non a caso ho scelto lo slogan Messina, la città in cui credere”.
Antonio Saitta, candidato del centro sinistra, è più determinato che mai, punta dritto al ballottaggio ed alla determinazione ha aggiunto l’entusiasmo di essere parte di una squadra che si presenta unita.
“Ci sto mettendo il cuore perché fermamente sono convinto che deve tornare ad essere la città in cui tutti dobbiamo credere, per farla crescere. Non ci crederà ma io non ho mosso un dito per essere candidato, ma il mio nome è stato visto come quello che poteva tenere unita la coalizione. Così è stato e lo si vede”.
Nel Pd sin dall’inizio, quando ancora la corrente accademica neanche esisteva, si definisce un liberale di sinistra, rivendica il ruolo e la primogenitura della politica e dei partiti che però devono essere aperti a tutti i contributi.
“Oggi c’è la gara dei partiti a nascondersi. Io non mi vergogno di far parte di un partito e di essere sostenuto dai partiti. Aggiungo che l’art. 49 della Costituzione riconosce il ruolo dei partiti, quando mi diranno che può esistere la democrazia senza partiti allora ne discuteremo. Ma senza partiti oggi governano i Cesari di turni. L’uomo solo al comando non è democrazia”.
A sostegno della sua candidatura sindaco ci saranno 5 o 6 liste, ma nessun candidato, ribadiscono gli esponenti della coalizione sarà un riempitivo. Saranno tutte liste che puntano ai contenuti per far sì che in Consiglio comunale vadano i migliori, animati dalla voglia di svolgere appieno il ruolo delegato dai cittadini con il voto.
Sul ticket con Maria Flavia Timbro, alla domanda se è stata scelta perché è donna o perché rappresenta l’area di sinistra di Liberi e Uguali e di Mdp Art.1, risponde sorridendo: “Maria Flavia Timbro è brava, è una professionista capace, animata da passione politica sincera e pulita. Poi mi dite anche che è donna. Ne prendo atto, ma non è per questo che siamo insieme. Prima vengono le sue capacità”.
Nulla trapela sui contenuti del programma che saranno resi noti nei prossimi giorni anche se la priorità assoluta sarà “lavoro, lavoro, lavoro”. Vede la sua candidatura come una tappa del percorso di crescita del Pd già tracciato con Regionali e Politiche (il dato del Pd a Messina il 4 marzo è stato il migliore dell’isola).
A chi lo considera il “terzo” candidato del Pd accademico (dopo il DG De Domenico all’Ars e l’ex Rettore Navarra alla Camera) o lo ritiene erede di una dinastia risponde secco: “La mia storia politica dimostra che sono nel Pd e nei partiti da anni. Sono stato anche candidato sindaco e ho ricoperto il ruolo di vicesindaco. Certo, sono professore e ho collaborato come pro rettore durante il rettorato del professore Navarra, ci stimiamo e ci apprezziamo. Ma la mia storia politica è evidente. Quanto alle polemiche sul mio essere radical chic, al di là della erre moscia che è un fatto di natura, ricordo che mio nonno a 14 anni lasciò i compagni di scuola che erano La Pira e Pugliatti per fare il garzone nella libreria Ferraro”.
Non guarda quanto accade a livello nazionale e non pensa che le vicende del governo nazionale possano condizionare o incidere su quello locale anche perché le amministrative sono competizioni completamente diverse.
“E’ un vizio tutto messinese quello di pensare che gli elettori siano soldatini che puoi spostare da un posto all’altro. L’elezione di Providenti mostra che niente è scontato anche quando due elezioni sono vicine. In una società liquida l’elettorato è mobile e ad ogni elezione il totalizzatore si azzera”.
Sull’amministrazione Accorinti spiega di stimare alcuni assessori e di aver visto che in alcuni settori le cose sono state fatte, ma in generale il sindaco non è riuscito a portare avanti quella rigenerazione annunciata: “Accorinti ha avuto una grande occasione e le aspettative di veder cambiare Messina erano forti. I risultati però non sono all’altezza delle aspettative, non si è invertita la tendenza”.
Uno dei cambiamenti che in caso di vittoria Saitta porterà avanti sarà nel settore della burocrazia “la buona amministrazione è già una rivoluzione oggi”, mentre per quanto riguarda il Piano di Riequilibrio sarà avviata una verifica attenta per capire come stanno le cose e quante e quali criticità ci siano ancora come rilevato più volte dalla Corte dei Conti.
Tra gli avversari non teme nessuno in particolare: “Temo la rassegnazione, quella che ti fa dire, tanto sono tutti uguali. Auspico un voto ragionato”.
Nell’immaginario collettivo Saitta resterà sempre il “vicesindaco di Genovese”, arma che in questi giorni è già stata sfoderata contro di lui, che replica: “Stiamo parlando del 2005, Genovese era segretario regionale della Margherita e poi è diventato segretario regionale del Pd, io rappresentavo la sinistra, ero proprio il più distante da lui e lo si vide durante il breve mandato. Nel 2008 noi ci siamo presentati in modo autonomo e chi ha memoria farebbe bene a ricordare chi protestò con un documento dopo la sconfitta di Genovese e perché lo fece e chi no. E’ questione di memoria, anzi, vada a leggere nell’archivio di Tempostretto……”.
Incuriosita ho cercato l’articolo e ne ho trovati due, datati 7 e 8 agosto 2008, un botta e risposta tra gli ex Ds Saitta, Panarello e Bottari (leggi qui l’articolo) e la replica dei Pd genovesiani (leggi qui). Era il 2008, sembra passato un secolo.
Rosaria Brancato