E’ stato un Massimo D’Alema “contro corrente” quello che ieri pomeriggio, nell’affollato Auditorium del Palacultura di Messina, ha scommesso su una sinistra rinnovata, riformatrice e prossima forza di governo.
Un appuntamento elettorale, in occasione della presentazione del libro “Contro Corrente. Intervista alla sinistra al tempo dell’antipolitica”, scritto a quattro mani con Peppino Caldarola, nel corso del quale il presidente del Copasir si concede ad una platea attenta e numerosa, incalzato dalle domande di Lino Morgante, direttore editoriale della Gazzetta del Sud.
Un dialogo franco nel corso del quale l’ex primo ministro ha ricordato i passaggi salienti che hanno condotto alla nascita del Partito Democratico, oggi candidato a governare e reggere le sorti del paese, senza perdere di vista la stretta attualità: “Desidero innanzitutto fare chiarezza – ha esordito D’Alema – non sono mai stato filosovietico. Il comunismo italiano non ha mai condiviso la dittatura imposta dal regime; una presa di distanza che ha visto da sempre il partito e lo stesso Berlinguer lontani dal sistema sovietico”.
Una sinistra democratica per vocazione dunque, liberale nei fatti ed unica realtà in grado di fermare la deriva populista: “La destra in questi anni ha tentato di demonizzare la politica – ha ricordato l’esponente del Pd – sostituendola con un sistema economico imperante. Un’aberrazione che ha prodotto degrado dell’economia e corruzione della vita pubblica.
La crisi del sistema dei partiti in Italia è coincisa con la crisi del sistema paese – ha evidenziato D’Alema – una condizione dalla quale è necessario uscire presto, perché l’economia di un paese è forte solo nella misura in cui anche il suo sistema partitico è sano”.
Una cura semplice per un male antico: “L’Italia ha bisogno di un grande partito in grado di esprimere una maggioranza stabile, solida, capace di governare: questo partito – ha chiosato D’Alema – siamo noi”.
E da politico esperto, D’Alema detta poi l’agenda del futuro governo e le priorità dalle quali ripartire: pubblico impiego ed aumento dei salari sul modello proposto in queste settimane dal presidente degli Stati Uniti.
Particolarmente circostanziata è poi la posizione dell’ex premier sulla riforma del lavoro: “Criminalità, corruzione, cattivo funzionamento della Pubblica Amministrazione, farraginosità del sistema giustizia: sono queste le ragioni che spingono le aziende internazionali a non investire in Italia, non certamente l’articolo 18.
Occorre scuotere l’economia, promuovere il lavoro, riorganizzare la P.A: è questa la sfida per il nuovo governo, perché non potrà esserci alcuna ripresa economica – ha ricordato l’esponente del Pd – senza un ruolo attivo del potere pubblico e per fare questo è necessario liberalizzare, creare innovazione, investire e dotare il paese delle necessarie infrastrutture.
Oggi invece assistiamo ad una preoccupante crescita delle diseguaglianze, un dato che va arginato perché rappresenta un’ulteriore ostacolo alla crescita economica”.
D’Alema rivendica poi con orgoglio le riforme liberali attuate dalla sinistra ed ammonisce: “Bisogna riprendere con passo spedito il cammino delle liberalizzazioni, percorso che in Italia – ha aggiunto – incontra ancora resistenze corporative e veti incrociati, introducendo ad esempio nuove modalità di accesso per le professioni”.
E sullo scandalo Monte Paschi di Siena Massimo D’Alema non si sottrae ed a stretto giro risponde così: “Mi preme ricordare come il caso Mps non nasca da un’inchiesta della magistratura, al contrario invece, in questa circostanza la politica è intervenuta prima chiedendo, attraverso gli enti locali senesi, un cambiamento di govenance per i vertici Mps.
Una vicenda che, come era ampiamente prevedibile, è stata strumentalizzata per una semplice ragione: esiste un solo partito candidato a governare il paese, questo partito è il Pd, gli altri – ha chiosato D’Alema – sono candidati a non far fare”.
Da D’Alema, in vista dell’imminente consultazione elettorale, arriva poi l’appello a non disperdere il voto: “Ciascuno di noi è chiamato a fare la propria parte. Un voto per dispetto o protesta produce un unico risultato: quello di dare voce ad un antipolitica che porterà il paese al collasso.
Il Pd chiede invece consenso per governare. L’Italia, come nel 1948, si trova davanti ad un bivio. Se in quegli anni la Dc non avesse vinto il paese sarebbe andato in rovina.
Oggi come allora – ha concluso D’Alema – se non ci sarà un’ampia vittoria del Pd, l’Italia rischia di essere travolta”.
Emma De Maria