E’ toccato a Raciti l’infausto compito di ringraziare il governatore Crocetta per aver ritirato la ricandidatura, non senza aver prima messo in cassaforte una cambiale per il futuro. Il segretario regionale del Pd, che di rospi in questi anni ne ha ingoiati moltissimi, ha dichiarato quel che nessuno nel partito pensa davvero, ma plaudendo alla scelta del quasi ex presidente ha chiuso una delle peggiori pagine di politica isolana.
Da ieri il rettore di Palermo Fabrizio Micari è ufficialmente il candidato del centro-sinistra e deve recuperare, stando ai sondaggi, circa 10 punti di percentuale di consenso rispetto ai due rivali, Musumeci e Cancelleri che sono in un testa a testa a due mesi dalle urne. Tra i 4 candidati alla Presidenza Micari è davvero l’unico “neofita”, non ha alcun ruolo in politica, né lo ha avuto in passato. Musumeci infatti ci prova per la terza volta, Cancelleri per la seconda così come Claudio Fava (anche se nel 2012 fu costretto a ritirarsi un mese prima dalla corsa perché non aveva trasferito la residenza in Sicilia 45 giorni prima delle elezioni come prevede la legge).
Ha ragione Fava quando dice che a destra sembra di guardare una foto d’epoca (da Miccichè agli stessi Lagalla e Armao ex assessori di Lombardo e Cuffaro, fino a deputati che sono all’Ars da oltre 15 anni….), ma anche le foto delle altre coalizioni non scherzano. Se Micari è nuovo, al suo fianco ci sono Orlando e Cardinale i cui primi passi in politica risalgono alla fine degli anni ’80. Lo stesso Fava, due volte eurodeputato e due volte parlamentare, non è un “novellino”. Nel M5S infine i deputati uscenti si sono ricandidati in blocco tranne i sospesi per la vicenda delle firme false a Palermo.
Intanto la prima mossa di Micari, che ieri ha incontrato gli alleati di Sicilia Futura, è stato l’appello a Claudio Fava, candidato di MDP-SI-PRC, per provare a ricompattare la sinistra. Lo stesso Giuliano Pisapia, in un’ottica per le Politiche, vedrebbe di buon grado quest’ipotesi.
Fava ha risposto che l’unità si può raggiungere, ma senza gli alfaniani (e ha ricordato anche le vicende giudiziarie che riguardano alcuni dei colonnelli alfaniani).
Così mentre si delineano le candidature chi rischia di restare a piedi, o comunque incassare molto meno di quanto avrebbe immaginato ad agosto giocando alla più bella del reame, è il ministro Alfano.
Da un lato deve fare i conti con la fuga verso centro-destra, che per molti rappresenta un ritorno a lungo sperato e per altri solo un calcolo matematico per salire nel carro che ha più possibilità di vincere. Dall’altro però, adesso, dopo tanti tira e molla, è diventato quasi un appestato. La sinistra-sinistra non vuole gli alfaniani e la destra-destra non vuole chi considera i traditori. Senza contare che nel frattempo i giochi in quasi tutte le liste sono quasi fatti. Se Alfano e Casini nelle scorse settimane sono riusciti a chiudere un accordo con Renzi su uno sparuto gruppo di “blindati”, le truppe nei territori non ci stanno. In Sicilia quindi chi ha un bacino elettorale più consistente è pronto a sconfessare i big e cambiare casacca. Anche D’Alia dovrà fare i conti con la stessa fuga, peraltro già iniziata nei mesi scorsi ma che adesso coinvolgerà deputati e pezzi di partito.
Insomma il “centro-mobile” rischia per la prima volta di essere non più l’ago della bilancia ma il fanalino di coda. Anche perché il problema è il vero peso politico. Stando ai sondaggi infatti l’area che sostiene Claudio Fava dovrebbe raggiungere il 6%. Il ministro Alfano, soprattutto se resta senza colonnelli e generali, che percentuale avrà? Val la pena dividere la sinistra per accontentare a Roma un gruppo di persone che da oltre 20 anni occupano ogni tipo di poltrona possibile?
Quanto a Crocetta il giudizio sui suoi 5 anni di governo lo daranno gli elettori, basterà guardare quanto porteranno le liste del Megafono in dote al centro-sinistra. Solo allora si vedrà se il governatore potrà uscire dalla cassaforte la cambiale incassata lunedì notte o meno.
Rosaria Brancato