Chiuse le urne è già tempo di resa dei conti. Neanche il tempo di commentare i risultati, di brindare o rammaricarsi a seconda dei casi, c’è già chi dissotterra l’ascia di guerra. La tregua elettorale per le Europee è già finita nel Pd, sia a Palermo che a Messina. E se il governatore Crocetta minimizza sulla sconfitta della Stancheris “Ha vinto il Pd non le sue correnti”, ci pensa il segretario regionale Raciti, che ha incassato la vittoria della Chinnici sostenuta dai cuperliani, a ricordargli che il Crocetta bis l’ha fatto a tavolino dividendo le poltrone con i singoli deputati “con questo voto è finito il crocettismo come metodo politico”. Da Catania Lino Leanza, leader di Art.4 che ha portato in Europa Michela Giuffrida avverte il governatore: “Toglieremo il nostro sostegno se continuano le liti”.
Insomma, finito l’armistizio, lo scontro esploderà più forte di prima, ma stavolta a pesare saranno i numeri, quelli che hanno fatto schizzare il Pd siciliano malconcio per le liti fino al 34,87% quando nessuno ci credeva più.
Tregua finita anche nel Pd di Messina, dopo le due settimane di “pax” stabilita dai vertici regionali del partito durante un periodo elettorale scandito dalle sedute della Giunta per le autorizzazioni a procedere e poi dall’arresto di Francantonio Genovese. Come concordato con il segretario regionale organizzativo Rubino è stato un gruppo di lavoro a coordinare gli eventi di una campagna elettorale vissuta sotto il peso del caso Genovese e delle guerre interne. A coordinare lo staff è stato il segretario provinciale dimissionario (da aprile) Basilio Ridolfo, al quale è stato espressamente richiesto di sospendere le dimissioni fino al 26 maggio.
Finita la tregua non è più rinviabile la resa dei conti iniziata a marzo, due giorni prima della richiesta d’arresto da parte della Procura nei confronti del deputato messinese, nel corso di un’assemblea a Cristo Re.
Il voto alle Europee ha dimostrato che il Pd senza Genovese è vivo, esiste, ed è il primo partito con il 32,88%. Il Pd post-Genovese è quindi iniziato il 25 maggio, con quei voti ottenuti senza la discesa in campo degli apparati o strutture che dir si voglia, con un partito a brandelli, e sette giorni dopo l’arresto di quello che è stato, fino a pochi giorni prima, il leader. Anche senza la segreteria di via I Settembre, anche senza mister 19 mila preferenze, anche senza la macchina di guerra, il Pd dello Stretto ha mostrato quanto meno di sapersela cavare con dignità. I genovesiani hanno votato, è chiaro, ma adesso si apre il fronte della struttura organizzativa del Pd: segreteria cittadina e provinciale.
I renziani chiederanno ai vertici regionali del partito di riprendere in mano il caso Messina e dare quelle risposte chieste ad aprile e rimaste congelate per quasi due mesi, quindi nuovo tesseramento, azzeramento dei circoli, controllo dei bilanci, ma soprattutto nuovi metodi e nuovi volti nella gestione del partito.
In sintesi, la lettera di dimissioni di Basilio Ridolfo, secondo i renziani, adesso deve essere accolta per procedere alla scelta della segreteria sia provinciale che cittadina.
“Nonostante l'amplissimo disimpegno del voto strutturato- ha dichiarato Alessandro Russo- il Pd ha ottenuto un voto di opinione molto ampio, spesso espresso soltanto sulla lista, che non lascia dubbi sul fatto che molta parte dell'elettorato libero ha creduto nella proposta del Partito. Una risposta chiara alle prefiche che sostenevano che senza l'apporto del voto strutturato dell'on. Genovese il PD a Messina sarebbe "scomparso" o "morto". Il PD a Messina non solo non è morto, ma esce rafforzato. A Messina la sfida riparte, servono nuove direttrici, servono nuove idee, servono uomini e donne nuove, che sappiano interpretare con credibilità il cambiamento. Per questo, il percorso, con queste elezioni, è soltanto iniziato".
Insomma si ricomincia da “dove eravamo rimasti” nei primi giorni di aprile, subito dopo la richiesta di autorizzazione a procedere e dopo l’Assemblea di Cristo Re finita nel caos. Ma se renziani, civatiani e cuperliani chiedono di voltare pagina e puntare su volti nuovi, credibili, spendibili, gli ex genovesiani e l’area Dem, puntando sul nuovo tesseramento e su macchine elettorali ben rodate in anni di urne, vogliono comunque mantenere le posizioni anche senza il loro leader.
Ridolfo, in un comunicato stampa diramato ieri, ha fatto capire di essere pronto a confermare le dimissioni: “Ultimata la raccolta dei dati delle elezioni amministrative consegnerò al Segretario regionale, un rapporto sull’attività svolta in queste due settimane di attività sviluppate insieme al Coordinamento costituito in sintonia col Segretario organizzativo regionale Antonio Rubino, in attesa di nuove indicazioni sul da farsi”. Del resto le condizioni che hanno portato alla sua elezione, nell’ottobre 2013, con un accordo a tavolino tra alcune aree, non ci sono più da tempo.
Sul futuro del Pd, al di là dei risultati registrati ieri e che mostrano un elettorato in salute nonostante la cagionevolezza del partito, non saranno rose e fiori. Troppi i rancori covati nelle diverse anime del partito e mai dimenticati. Troppe le ferite accumulate nel corso delle amministrative 2013 e troppe le ambizioni scatenate nelle seconde e terze file adesso che il leader indiscusso non c’è più, troppe le rese dei conti rinviate. Paradossalmente il rischio è che nel Pd post-Genovese il “sistema Genovese” resti lo stesso, il metodo venga replicato dagli eredi e che il nuovo tesseramento ripercorra le tappe del passato. In questo contesto, in attesa che il Pd regionale decida le prossime mosse, domani c’è l’udienza del Consiglio di Giustizia amministrativa sull’appello al ricorso per l’elezione di Accorinti.
Ed anche questo passaggio non sarà indolore per quanto accadrà a giugno.
Rosaria Brancato