Lo scorso 15 novembre la famiglia Faranda non si presentava all’incontro organizzato con i sindacati in prefettura, facendo sapere che non era intenzionata a procedere ad alcuna trattativa prima della monetizzazione dei terreni. Dai lavoratori Triscele, vicini alla scadenza della cassa integrazione, sono subite partite nuove proteste. Ieri Francesco Faranda, amministratore unico dell’azienda, ha scritto al prefetto Trotta per chiarire la situazione. “La Triscele Srl non mancherà, ma specialmente non ha mancato alcuno degli impegni assunti – si legge nella nota -. Quelli reali chiaramente, non quelli che talune forze sindacali o certi organi di stampa sbandierano”. “Sin dal primo incontro in prefettura – prosegue – la società ha infatti da sempre affermato come la necessità di procedere alla delocalizzazione dell’attuale sito industriale fosse imprescindibilmente correlata alle risorse economiche derivanti, appunto, dalla diversa destinazione degli stabilimenti di via Bonino. Non è assolutamente pensabile, infatti, che la Triscele Srl e la famiglia Faranda, dopo aver già profuso in questi anni ingenti sforzi economici che i bilanci stanno ad attestare senza possibilità di smentita, si gravino ulteriormente di pesantissimi oneri non ulteriormente sostenibili. Né appare logicamente credibile che una così complessa e articolata trattativa commerciale finalizzata alla cessione dell’area, una volta essa divenuta formalmente edificabile, si possa articolare, concretizzare e concludere, specialmente in un contesto socio-economico come quello attuale, in tempi celeri. Addirittura pensando che a ciò sia sufficiente poco più di un mese”. “Chiaramente, come già ampiamente attestato e ripetuto – si legge ancora – i profondi e ben noti ritardi che, rispetto all’iniziale scenario, si sono determinati e accumulati, certamente non per colpa o responsabilità della Triscele Srl o della famiglia Faranda, non permetteranno di rispettare il termine ultimo del 31 dicembre, inteso quale scadenza dell’attuale ammortizzatore sociale. Al contempo, stante la situazione di profondo ed imprevisto ritardo determinatasi, appare nei fatti velleitario, per quanto comprensibile nelle ragioni di fondo, sostenere un possibile ricorso alla CIGS per ristrutturazione. Che sia ben chiaro, la Società non avrebbe nulla in contrario a utilizzare, qualora però le stringenti disposizioni di legge, nelle condizioni attuali, non ne precludessero le possibilità. Tutti gli addetti ai lavori, e tra questi chiaramente anche il sindacato, infatti sanno bene come per accedere alla Cigs per ristrutturazione occorra (D.M. 20 agosto 2002, n. 31444), tra l’altro, l’esplicita e dettagliata indicazione delle modalità di copertura finanziaria degli investimenti programmati. Copertura finanziaria essenziale (anzi propedeutica e preliminare) alla sostenibilità di qualsivoglia, realistico e fattuale, piano industriale e che, per quanto appena esposto – si legge in conclusione – la società Triscele Srl non è attualmente in grado di poter, suo malgrado, materialmente fornire”.