L’amministrazione comunale, oggi rappresentata dal commissario straordinario Luigi Croce, e l’area economico finanziaria di palazzo Zanca continuano ad avere una visione diametralmente opposta sulla situazione debitoria del Comune di Messina. Per il reggente di palazzo Zanca e per i suoi quattro esperti Dalmazio, Saccà, Tomasello e Montalbano, i debiti ammontano a circa 500 milioni di euro, per l’esattezza a 492 milioni di euro, ma secondo il ragioniere generale Ferdinando Coglitore ed il Dirigente responsabile al Bilancio Giovanni Di Leo, la cifra svelata dall’ex procuratore capo nel corso dell’incontro con i sei candidati a sindaco è sovrastimata , in quanto include anche i debiti latenti o potenziali . E così a meno di 24 ore di distanza dai dati allarmanti forniti da Croce alla stampa, l’area economico-finanziaria ha voluto chiarire alcuni aspetti.
«Molto probabilmente – afferma Coglitore – voi giornalisti avete frainteso le dichiarazioni del commissario straordinario Croce sull’entità dei debiti allo stato attuale. Rammento a me stesso che in data 11 Febbraio 2013 il Consiglio comunale ha approvato il piano decennale di riequilibrio, in cui tra l’altro, a pagina 21, a seguito di ricognizione, sono stati iscritti debiti fuori bilancio per euro 72.887.846,24 di parte corrente ed euro 5.434.529,64 per spese di investimento, per un totale complessivo di euro 78.322.375,88. Questa somma rappresenta l’entità dei debiti certi, tali perché comunicati dai dirigenti dei vari Dipartimenti e perché verificati e riconoscibili ai sensi dell’art.194 del Tuel».
L’articolo del Testo Unico degli Enti Locali citato da Coglitore disciplina i debiti fuori bilancio e stabilisce che gli enti riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: sentenze esecutive; copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio ed il disavanzo derivi da fatti di gestione; ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali; procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità; acquisizione di beni e servizi.
«Sempre nel piano decennale di riequilibrio, a pagina 27 – ha spiegato ancora Coglitore – a questi debiti certi sono stati aggiunti, come debiti latenti, circa 200 milioni di euro al netto di giudizi attivi, ma nel documento è stata considerata una somma presuntiva per il pagamento di 120 milioni di euro. Al commissario non sfuggirà che il rilievo sugli 80 milioni di euro di differenza è stato mosso dal Ministero e non dalla Corte dei Conti e che, ai chiarimenti richiesti, il Comune di Messina ha riposto con un documento firmato dallo stesso commissario, dai revisori dei conti e dai dirigenti dell’area economico-finanziaria». Documento alla mano, Coglitore ricorda che – d’accordo anche Croce – alla Commissione ministeriale è stato spiegato che la richiesta di risarcimento di 80 milioni di euro avanzata dalla Mondo Service e quella di 60 milioni di euro avanzata dal FC Messina Peloro sono state considerate dai legali di Palazzo Zanca rispettivamente «abnorme» e «abnorme ed incomprensibile». Da qui la decisione di prevedere uno stanziamento di 120 milioni di euro per la copertura dei debiti potenziali.
In realtà, anche la Corte dei Conti ha evidenziato la discrasia tra la somma complessiva dei debiti latenti quantificati e quelli per i quali è stata prevista la copertura, in quella famigerata delibera firmata nella Camera di Consiglio del 18 marzo scorso ed inviata alla sottocommissione ministeriale, con cui di fatto è stato smontato il piano di riequilibrio (vedi correlato). Va tuttavia sottolineato che il piano è ancora al vaglio della sottocommissione e seppur i rilievi mossi dalla Corte dei Conti nel marzo scorso lascino intravedere una sonora bocciatura, il diniego formale non potrà avvenire prima del pronunciamento da parte del Ministero. Ecco perché da cinque dei sei candidati a sindaco (Scoglio, Calabrò, Garofalo, Tinaglia ed Accorinti) è partita la richiesta al commissario Croce di intercedere presso il Governo per far sospendere la valutazione del piano di riequilibrio in attesa che venga rimodulato dal nuovo sindaco di Messina. Nel caso in cui la richiesta venisse accolta, la prossima amministrazione dovrà trovare una alternativa al contratto dei servizio con l’Amam: l’atto – bocciato dal Consiglio comunale in virtù di ben tre pareri negativi, due del Collegio di Difesa ed uno del Collegio dei revisori dei conti – avrebbe infatti dovuto portare nelle casse comunali 150 milioni di euro nei prossimi 10 anni.
Coglitore e Di Leo, ma non solo loro, ricordano che il fallimento del contratto dell’Amam dipende esclusivamente dalla gestione commissariale, che si è fatta promotrice della redazione dell’atto facendolo diventare il pilastro fondante del piano di riequilibrio. (Danila La Torre)