E di performances in performance si è giunti a quella “di” e “con” Tindaro Granata, poliedrico artista e valente direttore del Tindari Festival, con lo spettacolo “Vorrei una voce”. Una bella lezione di “umanità” per parafrasare l’odierna rassegna in corso in quel di Tindari, al teatro greco.
Per chi ha messo la sordina alla capacità di sognare, relegandola in un anfratto sigillato e ha scelto di lasciarsi vivere giorno per giorno senza guizzi, questa “mise en scene” può contribuire a dare la stura a un nuovo incipit…. Del resto Granata si è sostanzialmente messo a nudo, e nel tentativo (riuscito) di dare voce e corpo a alcune detenute della Casa Circondariale di Messina – assecondando con ciò il più generale progetto in corso a cura di Daniela Ursino, quello del Teatro per sognare di D’aRteventi ,al Piccolo Shakespeare,con la Sezione femminile di alta sicurezza – non ha vestito i panni del mentore, ma si è fatto uno di loro, per primo rendendo palesi i propri incidenti di percorso per significare che ce la si può (e deve) fare, in un circuito virtuoso ove in primis si dà e in tal guisa si può aspettare di ricevere.
E di certo non deve essere stato punto semplice penetrare la difensiva scorza ruvida di quelle donne recluse, differenti per età ed estrazione sociale, riuscendo a scalfirla giorno dopo giorno durante le prove di quel lavoro laboratoriale che permetterà anche alla più ritrosa e ostile di interagire in un potente momento finale liberatorio, che con un filmato, sul finale, è stato disvelato a grandi linee … Granata ha saputo restituire la gioia di quelle persone in detenzione nel ritrovare fra il pubblico volti cari della loro esistenza passata e nel sentirsi nuovamente vive per sé e agli occhi degli altri.
Le canzoni di Mina più note e cantate avevano già dato assist a Granata per tirare fuori il vero e autentico sé nei frangenti più tormentati,e anche quando la paura aveva come ingabbiato la sua anima sotto una coltre depressiva, gli sono state di ausilio, ed è bello che la celeberrima Artista abbia sposato il percorso e reso contributo, attraverso il figlio Massimiliano, che ha reso disponibile il video dell’ultima esibizione della Tigre di Cremona alla Bussola di Viareggio il 23 agosto del 1978, che ha costituito base per le interpretazioni personalizzate di Granata, utilizzando la tecnica del playback, non in guisa da scimmiottare le interpretazioni della Cantante.
La rappresentazione ha avuto tanti punti di forza, e Tindaro Granata ha messo in luce il proprio trasformismo, attraverso l’uso dei costumi vistosi e scintillanti in argento e oro di Aurora Damanti, indossati per dar vita alla resa dei personaggi delle carcerate, attraverso gestualità e parole davvero consone, riuscendo, attraverso un accattivante monologo composito,a ricreare quelle differenziate personalità,venute fuori grazie al collante della propria parte femminile che l’interprete ha magistralmente tirato fuori.
Da lodare anche l’assistenza alla regia di Alessandro Bandini.
E così…Assunta, Gessica, Sonia , Vanessa e Rita hanno preso vita, ritrovando le se stesse di prima degli eventi che le avevano condotte a perdere la libertà,i sogni e le aspirazioni,ed è stato assai liberatorio questo riannodarsi alle proprie identità smarrite.
L’uso sapiente delle luci di scena di Luigi Biondi ha di certo impreziosito la piece pregna dei racconti dolenti delle donne private della loro libertà,in uno alla femminilità, tutte usate e abusate da uomini ai quali avevano creduto.
Una brillante Produzione LAC Lugano Arte e Cultura,in collaborazione con Proxima Res.
E l’accattivante rappresentazione ,che è stata in grado di incantare il folto e affezionato uditorio,e di strappare ripetuti applausi anche a scena aperta, fra gli inebrianti testi di Mina,”Io vivrò senza te”,”La voce del silenzio”,”Ancora ancora ancora” e “L’importante è finire”,è scivolata via,non senza lasciarci il retrogusto amaro dell’ammonimento a voler sospendere il giudizio nei confronti di persone che stanno già scontando a caro prezzo la pena,e non fissarle per sempre in quei rispettivi gesti colpevoli passati,,rischiando altrimenti di render vani quei sacrifici e togliere valore e redenzione a quel loro riscatto,
Liberiamo i detenuti dai colpi ossessivi del martello pneumatico del passato che non passa e permettiamogli di riprendersi la vita.
Foto tratta dalla pagina Facebook di Tindaro Granata.