La peste stringe in una morsa mortale Messina.

Quanta desolazione, l’odore della morte impregna ancora le strade cittadine. Decessi insoliti e inspiegabili hanno iniziato ad interessare Messina. Donne, uomini, anziani e bambini, sono stati colpiti da un terribile male, la peste.

Alcune indagini condotte dalle autorità cittadine hanno fatto luce sulle origini del male, diffusosi verosimilmente con l’arrivo di dodici galee genovesi, che sbarcate a Messina lo scorso ottobre 1347, di ritorno dalla Crimea, hanno portato un insolito e mortale carico. La diffusione della peste bubbonica è avvenuto in seguito ai contatti avuti con i marinai genovesi, dei nostri sfortunati operatori portuali addetti all’attracco e allo sbarco delle navi. La sosta dei marinai in botteghe, mercati e per le vie del centro, ha esposto inevitabilmente tutta la popolazione al contagio.

Il decorso della malattia, secondo le testimonianze raccolte, è scandito dal sopraggiungere di forti dolori, febbre e la comparsa di macchie o bubboni simili a lenticchie. Il malato è costretto a rimanere a letto, dove nel giro di tre giorni è destinato a perire.

Con il passare del tempo è stato chiaro che il contagio avveniva non solo per via aerea ma anche per contatto, come dimostrano i casi di peste a seguito dello smistamento delle merci trasportate dalle navi genovesi.

Il primo provvedimento preso dal governo ha portato all’immediata espulsione delle navi genovesi, intervento rivelatosi inutile dal momento che il morbo si era ampiamente diffuso in città. Le scene delle quali siamo stati partecipi in questi giorni sono state fra le più strazianti e riprovevoli.

Alcuni monaci irreprensibili, che giornalmente attraversano la città per prestare aiuto ai morenti, hanno raccontato di aver incontrato numerosi bambini, che dopo essere stati contagiati, sono stati abbandonati dalle rispettive famiglie. Neanche gli animali domestici sono stati risparmiati dal morbo.

Quale civiltà è la nostra? Nessuno dei cittadini, morto dopo atroci sofferenze, ha potuto ricevere il sacramento dell’estrema unzione; anche i sacerdoti hanno avuto paura di contrarre la mortale malattia.

Il silenzio è sceso per le vie cittadine, i cadaveri fanno da cornice ad una città fino a un po di tempo fa brulicante di vita. Chi osa entrare nelle case o avvicinarsi ai cadaveri che restano a marcire sul ciglio delle strade o nelle abitazioni, senza che sia dia loro una degna sepoltura?

In molti hanno già abbandonato Messina, nella speranza di non essere contagiati. La fuga dei cittadini, senza distinzioni di ceto, ha contribuito alla diffusione della peste in tutta la Sicilia. Molti di coloro che si sono dati alla fuga ignoravano infatti di aver contratto la malattia, che solo a distanza di tempo ha segnato i loro corpi. Inutili le richieste di aiuto e di intervento rivolte al patriarca e vescovo di Catania, Gerardo Odone.

Scampati al contagio abbiamo incontrato il vescovo di Catania, dal quale abbiamo appreso della sua decisione di portare il corpo di Santa Agata a Messina, nella convinzione che la santa avrebbe intercesso per la città, ponendo fine all’orrendo supplizio. Ma il popolo catanese ha impedito che la salma lasciasse la citta etnea, spingendo il vescovo ad un’insolita soluzione.

Traslato il corpo della santa, è stato immerso in una vasca, e l’acqua in essa contenuta è stata sparsa a Messina. Purtroppo neanche la santa ha potuto salvare la città.

Le autorità e il vescovo hanno cercato quindi di circoscrivere il contagio, ordinando la sepoltura dei cadaveri, pena la scomunica immediata. Tutte queste iniziative sono risultate vane, ed oggi, che anche l’ultimo focolaio si è spento, numerosi si contano i morti, più di 500.000 in tutta l’isola. Nuove segnalazioni provenienti dal nord Italia, dal nostro corrispondente di Forlì, il fiorentino Giovanni Boccaccio, parlano dello scoppio di nuovi focolai e di numerosi casi anche nel lontano centro Europa.