Era il 20 novembre 2019, poco più di un anno fa. Un’esplosione dentro lo stabilimento industriale per lo stoccaggio e la lavorazione di fuochi pirotecnici “Costa Vito e figli”, in contrada Pezze Cavaliere, a Barcellona, aveva provocato la morte di cinque persone e il ferimento di altre due.
L’opificio era esteso su un’area di circa 13mila metri quadri, composto da dodici strutture indipendenti in cemento armato, denominate caselli. Erano in corso lavori di adeguamento della struttura produttiva, prescritti dalla Commissione tecnica territoriale per le sostanze esplodenti, per elevare gli standard di sicurezza mediante l’installazione di apposite grate di protezione in tutti i caselli destinati al deposito di materiale attivo.
I lavori erano stati appaltati da Vito Costa alla ditta “Bottega del Ferro” di Barcellona, di Corrado Bagnato e Antonino Bagnato, che stava impiegando cinque operai, tra cui lo stesso Antonino, l’unico tra gli operai a salvarsi e a restare ferito, così come Antonino Costa, figlio di Vito.
Intorno alle 16,30, nei pressi dei caselli numero 7 e 8 si verificavano delle esplosioni in sequenza che provocavano la morte dei quattro operai, Giovanni Testaverde, Mohamed Tahar Mannai, Fortunato Porcino e Vito Mazzeo, e di Venera Mazzeo, moglie di Vito Costa.
Le esplosioni provocavano un fortissimo boato percepito a grande distanza e facevano divampare un vasto incendio che si propagava all’interno dello stabilimento sollevando una fitta coltre di fumo, notata dai carabinieri di Castroreale che intervenivano per primi sul posto, cinturando la zona ed allertando i soccorsi con l’intervento dei vigili del fuoco di Milazzo, che riuscivano ad arginare il vasto incendio, e dei sanitari del 118 che prestavano le prime cure ai feriti. Nei giorni seguenti, il IV Reggimento Genio Guastatori di Palermo, aveva bonificato l’area facendo brillare i manufatti pirotecnici rimasti nel sito.
Le indagini sono state dirette dal procuratore capo di Barcellona, Emanuele Crescenti, e affidate ai carabinieri del Comando provinciale di Messina e della Compagnia di Barcellona, col supporto del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Messina e del nucleo elicotteri di Fontanarossa.
Decisiva la catalogazione e il repertamento di tantissimi frammenti di materiale vario, tra cui piccole parti di circuiti elettronici e componenti delle attrezzature usate dagli operai, trovate a distanza anche di centinaia di metri, a causa della potenza dello scoppio.
I vigili del fuoco del nucleo investigativo antincendio di Palermo hanno escluso che l’esplosione e l’incendio fossero da attribuire a causa elettrica, mentre i carabinieri del nucleo Ispettorato del Lavoro di Messina e l’Asp di Messina hanno riscontrato gravi violazioni alle norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.
Infine, grazie a intercettazioni telefoniche e all’ascolto dei testimoni, è stata ricostruita la dinamica dell’evento.
Chi avrebbe dovuto evitare la tragedia? Il 73enne Vito Costa, titolare della “Costa Vito e figli”, il 65enne Corrado Bagnato e suo figlio, il 38enne Antonino Bagnato, responsabili della “Bottega del ferro”, è la conclusione degli investigatori.
I tre sono stati arrestati dai carabinieri del Comando provinciale di Messina, e posti ai domiciliari su richiesta dei pubblici ministeri Rita Barbieri, Matteo De Micheli ed Emanuela Scali e ordinanza emessa dal giudice del Tribunale di Barcellona. Per loro anche l’interdizione dall’esercizio di attività imprenditoriale per un anno.
Sono gravemente indiziati dei reati di disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali, nonché di violazioni delle norme di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, con la mancata valutazione dei rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, la mancata informazione, formazione e addestramento dei lavoratori sui rischi cui erano specificamente esposti e la mancata consegna dei dispositivi di protezione individuale. Sequestrati beni e compendi delle due aziende.