«Sono fermo nel piazzale che porta agli imbarchi a Villa San Giovanni da lunedì intorno alle 13. Sono messinese, ho la residenza a Messina, mi sono messo in viaggio domenica quando ancora il nuovo decreto non era entrato in vigore. Arrivo dalla Francia, lavoro in un cantiere che aveva una commessa per l’aeroporto di Parigi che ovviamente ha chiuso. Ha chiuso anche l’albergo in cui noi operai eravamo alloggiati e tramite l’Ambasciata ci hanno fornito tutta la documentazione per rientrare in Italia. Tutti gli altri colleghi sparsi nelle altre regioni sono già rientrati a casa. Io invece sono bloccato insieme ad un collega di Siracusa qui agli imbarchi da lunedì alle 13. Abbiamo trascorso due notti in macchina. Siamo abbandonati, nessuna assistenza, nessuna possibilità di lavarci, bagni pubblici. Fateci tornare a casa».
E’ il disperato appello che Fabio Nostro lancia da Villa San Giovanni. Ha 45 anni, è un operaio che è dovuto rientrare in Italia perché non aveva più alcuna possibilità di rimanere in Francia dove stava lavorando. Il suo viaggio è iniziato domenica, quando ancora il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri non era entrato in vigore. La ditta per cui lavora ha messo a disposizione delle auto aziendali per questo folto gruppo di lavoratori italiani che dovevano fare rientro a casa. Con tutta la documentazione a seguito e le autocertificazioni hanno oltrepassato il confine e hanno viaggiato per tutta l’Italia. Solo che per lui e un altro collega che vive a Siracusa, arrivati lunedì intorno alle 13 a Villa San Giovanni, è iniziato l’incubo.
Sono stati fermati ai controlli, non sono riusciti a imbarcarsi. Racconta che lunedì c’è stato l’assalto alla nave delle 18 che arrivava a Messina, probabilmente anche per quello che intanto stava accadendo a Messina con il sindaco De Luca e la battaglia per bloccare gli ingressi in città. «In tanti sono riusciti a passare, non sappiamo neanche perché, noi invece siamo rimasti qui. Ci hanno stipato in questo piazzale dell’Anas e ci hanno detto di aspettare. Adesso siamo un centinaio di persone nella stessa situazione. Magari tra questi ci sono anche persone che non hanno diritto a passare, ma è questo il modo di trattarci? Siamo italiani, siamo siciliani, ma siamo stati abbandonati al nostro destino».
Racconta che le persone che ieri sera hanno avuto la possibilità di traghettare verso la Sicilia era un gruppo di rom sinti che evidentemente è riuscito a far valere le proprie ragioni mettendo in piedi la protesta che ha bloccato il traffico merci e i tir. «Non voglio fare discriminazioni, ma non avevano neanche le autocertificazioni perché siamo stati noi ad aiutarli a compilarle. Però perché per loro sono riusciti a trovare una soluzione e noi siamo ancora bloccati qui?».
Fabio spiega di aver già organizzato tutto per la sua quarantena in Sicilia. Mi sono già registrato, andrò nella mia casa a Messina in cui vivo da solo. La mia famiglia ha già provveduto a sistemare casa e a fare la spesa così non avrò alcun problema appena rientro e potrò osservare la mia quarantena da solo. Questa situazione è surreale».
Ed è surreale anche il fatto che tutte queste persone siano ferme in un piazzale ormai da più di 48 ore. Due notti trascorse in auto, solo ieri sera la Protezione civile ha portato loro acqua e dei pasti, ovviamente consumati in mezzo alla strada e sul sedile dell’auto. «Immaginate cosa significa che 100 persone debbano usare tutte gli stessi bagni pubblici delle Ferrovie? Oltre che ovviamente non abbiamo neanche la possibilità di lavarci».
L’appello è chiaro: sbloccare questo stallo istituzionale che si è creato tra Calabria e Sicilia per chi è in regola e per motivi urgenti può rientrare. Tra l’altro quello che lo preoccupa adesso è che si è paventata l’ipotesi di far fare la quarantena a queste persone direttamente in Calabria. «Ho casa mia a pochi km da qui, farò tutto nel massimo rispetto delle regole e dei controlli, ma non accetterò quest’ulteriore beffa».