MESSINA – Il “complesso” rapporto tra la famiglia Mazzagatti e l’amministrazione giudiziaria, e i tentativi del “patriarca” Pietro Nicola di continuare a tenere le fila degli affari anche dal carcere duro, costano l‘arresto ai familiari più stretti e l’obbligo di firma agli affini e ai presunti prestanome. Il giudice ha deciso i domiciliari per il figlio Giuseppe e la moglie Nicolina Famà, mentre hanno l’obbligo di presentazione la figlia Valeria, Santina Quattrocchi (moglie di Giuseppe) e Salvatore Chillemi. Finisce sotto chiave anche l’impresa che, secondo l’Accusa, era stata creata ad hoc per continuare a gestire parte delle attività malgrado i provvedimenti giudiziari.
Adesso gli indagati, assistiti dall’avvocato Sebastiano Campanella, avranno la possibilità di chiarire la loro posizione, al primo vaglio del giudice. Saranno infatti interrogati nei prossimi giorni, anche se la data non è ancora stata fissata.
L’ultima parola della storia processuale di Pietro Nicola Mazzagatti (tutti i dettagli al link interno) non è ancora stata scritta. Parte dei processi che lo vedono coinvolto non sono stati ancora decisi con sentenza definitiva, altri invece sono arrivati a conclusione. Per gli inquirenti non ci sono dubbi sulla sua caratura e i suo appoggi all’interno della criminalità della zona tirrenica. Da anni infatti è ormai al 41 bis e nel 2019 ha subito la confisca del patrimonio.
Proprio alla fine del 2019 la Dia ha effettuato un blitz a Villa Valery, la sala ricevimenti della famiglia poi sequestrata. La struttura era già sotto amministrazione giudiziaria e responsabile di sala era la moglie Nicolina, che soltanto qualche giorno fa è stata assolta dall’accusa di aver occupato abusivamente uno degli immobili sequestrati.
L’indagine scaturita nel blitz di ieri nasce invece dai colloqui tra Pietro e i familiari più stretti, sia in carcere che telefonici. Colloqui “spiati” e video ripresi, come previsto, durante i quali però l’uomo avrebbe impartito direttive precise ai suoi, per continuare a gestire in una certa maniera le aziende, comprese le indicazioni su chi doveva essere assunto e chi no. Dalle altre intercettazioni emergerebbe invece il ruolo del presunto prestanome. La documentazione contabile esaminata dagli agenti della sezione messinese della Direzione Investigativa Antimafia, ai comandi di Giusy Interdonato, ha poi dato conferma dei sospetti sollevati dai colloqui.