Il movente dell’omicidio Costanza sarebbe da ricercarsi nel fatto che l’uomo aveva provato ad estorcere denaro nella zona tra le province di Messina e Palermo ad alcune ditte riferibili all’imprenditore Michele Aiello, di Bagheria, ritenuto vicinissimo a Bernardo Provenzano e già implicato nella vicenda giudiziaria delle “talpe in Procura” a Palermo.
Quelle ditte erano già “messe a posto”. Così Aiello si era lamentato e Provenzano aveva chiamato Giuffrè, che a sua volta si era rivolto a Virga, che aveva incaricato i referenti del clan dei mistrettesi.
Tutt’e tre i collaboratori di giustizia, Giuffrè, Bisognano e Barbagiovanni, hanno riferito del vertice in un casolare abbandonato di Tusa nel quale fu deciso l’omicidio Costanza, qualche settimana prima.
Bisognano e Barbagiovanni parteciparono a quella riunione, insieme a Virga, Rampulla e lo stesso Costanza, al quale chiesero spiegazioni in merito alla richiesta di pizzo a ditte già “protette” e al fatto che avesse trattenuto denaro destinato a clan mafiosi palermitani.
Non avendo ritenuto convincenti le risposte di Costanza, decisero di ucciderlo. L’incarico fu affidato ai batanesi e l’omicidio commesso da Barbagiovanni, oggi reo confesso, e Costanzo.