MESSINA. “… Come in un’escursione, quando ti ritrovi tra la bellezza delle vette e la paura dei precipizi”: così Giuseppe De Domenico definisce la sua esperienza in “Vermiglio“, l’opera seconda di Maura Delpero che ha conquistato il Gran premio della Giuria a Venezia, 81esima edizione.
E con questa stessa sensazione, persi tra bellezza e abisso, parole e silenzi, lasciano la sala i numerosissimi spettatori (due proiezioni sold out) presenti per accogliere De Domenico alla Multisala Iris di Umberto Parlagreco.
De Domenico, infatti, tra le sale del cinema Iris è cresciuto, tanto da decidere – è lui a raccontarlo al pubblico – di passare proprio qui la mezzanotte dei suoi 30 anni, celebrando questo importante momento di passaggio solo con la compagnia del film Babylon.
Messinese, classe ’93, De Domenico decide di voler fare l’attore mentre studia ingegneria edile all’Università. Comincia, allora, il suo percorso artistico nel 2012, quando si iscrive alla European Union Academy of Theatre and Cinema di Roma; per spostarsi, poi, a Genova alla Scuola del Teatro Stabile, dove si diploma nel 2016.
Dal palcoscenico inizia, quindi, il suo percorso attoriale. Prende parte a diversi lavori teatrali, grandi classici come la “Medea” diretta da Carlo Fineschi; “Antigone” diretta da Michele Di Mauro o “Carmen” per la regia di Enrico Castigione; ancora “Attori in buona fede” di Ian Sutton e “Il gioco dell’epidemia” di Giancarlo Fares; “La scoperta dell’amore” e “Noi non siamo barbari” di Massimo Mesciulam e Mariagrazia Pompei e il successo di “La cucina” di Valerio Binasco.
Dal palco passa allo schermo, a indirizzarlo è la sua maestra, Anna Laura Messeri (scomparsa il 21 settembre), con gli insegnamenti della quale si è preparato anche a quest’ultimo difficile ruolo: “È stata lei a dirmi di fare cinema, lo devo a lei. Aveva 95 anni, ha vissuto una vita splendida, ma, dopo tutto il sostegno e l’aiuto che mi ha dato, mi dispiace non sia riuscita a vedere il film al cinema. Abbiamo costrutito, però, un rapporto splendido e mi rende molto orgoglioso aver fatto da ponte per la pubblicazione del suo libro Le regole del gioco. Guida ai primi segreti della recitazione”.
Seguendo il consiglio della sua maestra, De Domenico si dedica a fiction e film, dal documentario del 2017 “Paolo Borsellino. Adesso tocca a te” di Francesco Miccichè, insieme Cesare Bocci, Anna Ammirati e Ninni Bruschetta, fino alla miniserie del 2020 “ZeroZeroZero”, basata sull’omonimo romanzo di Roberto Saviano, passando per il drammatico “Euforia” del 2018, diretto da Valeria Golino. O, ancora, “Bang Bang Baby” del 2022; “Una partita ai confini del mondo” del 2017 e “Ragazze a mano armata” del 2014. Arrivando al grande e inaspettato successo di Vermiglio.
“Ci siamo goduti la Mostra internazionale di arte cinematografica a Venezia come outsider. È stato bellissimo salire sul tappeto rosso un’ora dopo Brad Pitt e George Clooney e una prima di Lady Gaga e Joaquin Phoenix. Poi siamo tornati tutti a casa. Ero ad un matrimonio in Puglia – dove, come ad ogni matrimonio, c’è tanto vino ed io ero un po’ brillo – quando mi hanno chiamato per dirmi che stavano tornando a Venezia perché avevamo vinto il Gran premio della Giuria. È stata una grande festa” ricorda.
Nel film – coproduzione Italia, Francia, Belgio, prodotto da Cinedora, Charades, Versus Production – De Domenico è Pietro, il soldato siciliano disertore che sconvolgerà le sorti della famiglia Graziadei (originariamente Pietro doveva essere un giovane di Marzamemi, il confronto della regista con De Domenico, che le ha consegnato una lista di nomi di paesini poco noti del messinese, ha portato a spostare la sua terra d’origine a Galati Marina, mantenendo così l’autenticità del suo dialetto). Insieme a lui nel cast: Tommaso Ragno, Roberta Rovelli, Martina Scrinzi, Orietta Notari, Carlotta Gamba, Santiago Fondevila Sancet.
A Vermiglio, zona di frontiera, villaggio di montagna in Trentino-Alto Adige, vive la famiglia di Cesare Graziadei, maestro di scuola e figura fondamentale per la comunità (vero maestro di scuola di Vermiglio era proprio il nonno della regista Maura Delpero, lì nasce suo padre e a loro la cineasta dedica la sua storia).
Il film racconta, infatti, al passare delle stagioni, l’epopea di questa famiglia, durante l’ultimo anno della seconda guerra mondiale. Tutto cambia a Vermiglio con l’arrivo di Pietro, straniero, che comunica poco e solo in siciliano, mentre tutti parlano in dialetto trentino, ma nel cui sguardo si vede l’intero orrore della guerra. Nonostante il limite creato dalla loro incomunicabilità, Lucia, la figlia più grande di Cesare, si innamora di lui. Sarà così che, mentre il mondo sembra star riconquistando la pace, la famiglia Graziadei perde la propria.
“Pietro è un personaggio che, scisso tra presente e passato, vorrebbe ancorarsi solo al presente. Come interprete cerco sempre di scoprire qualcosa di me tramite i miei personaggi. Non voglio mettere maschere, ma al contrario rivelarmi a me stesso. Pietro mi ha dato la possibilità di essere fragile e vulnerabile, sentimenti che spesso siamo educati a nascondere, io per primo. È una scoperta personale molto importante. Pietro mi ha permesso di essere presente a me stesso” racconta De Domenico a Tempostretto.
Vermiglio è un film fatto di silenzi pieni di significato, sussurri, sguardi e linguaggi che si incontrano, maestosi paesaggi innevati e attese cariche di angoscia. È il ritratto di una comunità, delle sue fatiche, delle sue speranze e delle sue illusioni, delle sue gioie ma anche dei suoi pregiudizi e ottusità, del suo forte senso di appartenenza, contro cui si scontra la ricerca dell’individualità del singolo.
Si sviluppano trame su trame, che fanno protagonisti ognuno dei personaggi, i loro segreti, le loro ambizioni e delusioni, in intrecci incredibili tra questi scenari magici, sussurri, silenzi pieni di significato e tempi sospesi. La guerra sembra restare fuori campo, ma in realtà non smette di essere protagonista, incombe con la sua presenza pur restando lontana, si mostra forte e dolorosa negli occhi di Pietro, nella sue poche parole, “ho perso lì me stesso, non sono più io”.
Il pubblico è colpito, scosso, catturato dallo scorrere lento delle emozioni raccontate. La proiezione è anticipata dal videomessaggio del sindaco di Vermiglio, Michele Bertolini, che saluta il pubblico messinese dell’Iris e ringrazia la regista per aver portato il suo piccolo paesino in giro per tutta l’Italia (e non solo), dal Nord al Sud, dal Trentino alla Sicilia, in un senso di bellissima comunità.
Al termine del film, invece, De Domenico scambia e condivide opinioni con il pubblico.
Rivela, ancora, a Tempostretto che l’emozione di essere qui non solo eguaglia quella di Venezia ma “innesta anche un binario completamente diverso: questo odore di pop corn, queste scale, queste sale, mi hanno visto crescere, ho visto qui tutta la saga di Harry Potter, per dirne una su tutte, da qui sono partito. L’emozione è estremamente potente e surreale. Ancora non l’ho metabolizzata, spero di riuscire a farlo in treno, nelle sei ore che mi riporteranno a Roma”.
Nel salutarci, infine, rivolgiamo lo sguardo verso il futuro e i suoi nuovi progetti: “Non posso ancora rivelare niente, ma manca davvero poco. Vi dico solo che torno alle serie tv, sarò co-protagonista di una storia molto diversa, altra epoca, altri presupposti, ma dalla tematica altrettanto profonda e delicata. Una sfida degna dell’essere un passo dopo Vermiglio” conclude De Domenico.