di Giuseppe Fontana, riprese e montaggio Silvia De Domenico
MESSINA – Giusi Duca ha deciso di utilizzare i social network per alzare la voce, raccontando la propria storia e aiutando genitori che, come lei, sono i caregiver dei figli. Chi sono i caregiver? Coloro che si prendono cura di persone, spesso familiari, non autosufficienti. Lei ha due figli ma uno, di 5 anni, ha una paralisi cerebrale infantile che ne pregiudica movimento e abilità nel linguaggio. Una vita non semplice la loro, in una città difficile, come spesso abbiamo raccontato. Alle auto sui marciapiede e negli stalli per disabili senza tagliando, scivoli occupati e difficoltà di vario tipo, si aggiunge una giungla chiamata burocrazia. E così da profili utilizzati, fino a qualche anno fa, per fare musica (Giusi canta, tutt’ora), ha deciso di raccontare quella che è la sua storia da caregiver.
Giusi al microfono racconta ciò che spiega anche sui social, con reel e storie su Instagram: “Ho voluto raccontare questa storia perché sono una caregiver, la caregiver di mio figlio. Lui ha 5 anni e ha una paralisi cerebrale infantile. Perché decidere dopo 5 anni? Perché mi sono resa conta di quanto sia diventata quasi impossibile la vita in questi 5 anni. La vita di un caregiver è lottare continuamente contro tutto e tutti, è molto complicata a livello psicologico ma non solo. Nel mio caso vedo mio figlio avere molte difficoltà. Ciò che a lui viene semplice a lui viene impossibile o difficilissimo”.
“La mia esperienza – prosegue Giusi – sul piano psicologico è molto dura da affrontare. Ma c’è anche il livello fisico: ci vuole forza per spostare un bambino che non deambula, dalla sedia al letto ad esempio. E infine c’è un altro livello, quello della vita quotidiana. Fare una passeggiata ad esempio è impossibile. Esci e non trovi lo stallo per disabili libero, perché spesso lo ha accupato qualcuno che nemmeno ha il tagliandino. E se glielo fai notare si scoccia. Oppure passeggi con la carrozzina e trovi i marciapiede pieni di macchine. Gli scivoli? Molti non sanno nemmeno cosa siano. C’è un senso civico pari a zero“.
Le sfide quotidiane di Giusi iniziano già dalla mattina, all’arrivo a scuola: “Mi succede anche portandolo a scuola. Trovo spesso lo stallo occupato e mi dicono ‘Scusi, sono stato cinque minuti’. No, non bisogna stare nemmeno un secondo. Se tuo figlio può camminare ringrazia Dio, mio figlio non può. Devo prenderlo in braccio e fargli fare strada. Se piove è un disastro”. Ma non è finita. Non è stato questo a far fare lo scatto a Giusi: “Ciò che mi ha fatto dire basta è sentirsi abbandonati dalle istituzioni. Da quegli enti che dovrebbero facilitarti la vita, già complicata, invece ti affossano. Con tempi burocratici per gli ausili insostenibili“.
“Mio figlio ha bisogno di ausili per vivere la sua vita senza stare fermo in un angolino – prosegue – e parliamo di carrozzina, deambulatori, sistemi di postura, tutori. Sono tanti. Ultimamente tramite la logopedista, perché lui è seguito allo Stella Maris di Pisa, dove andiamo due volte l’anno, è stato deciso di fargli usare un comunicatore dinamico. Fondamentalmente è un tablet che da voce ai suoi pensieri, ciò che lui non può fare perché non può parlare. Uno strumento che lo avvicinerebbe agli altri. Succede che a luglio facciamo la prescrizione all’Asp, siamo a novembre e non abbiamo notizie. Burocrazia e rimpallli di responsabilità negli uffici sono ostacoli da cui ci dobbiamo liberare: da qui il mio appello alle istituzioni per sbloccare la situazione“. E Giusi spiega che cose simili accadono “anche per i tagliandi per parcheggiare, in caso di rinnovo”.
Giusi poi lancia un appello alle istituzioni: “Ci vorrebbe un ente che snellisca queste pratiche. Lottiamo già contro la vita, non possiamo lottare anche con loro. Sono sempre al telefono o in questi uffici per capire che fine abbiano fatto documenti, ausili, autorizzazione. Per questo non ce l’ho fatta più: ho detto basta. Anche perché, se non se ne parla, non cambierà mai nulla. Parlarne è fondamentale, perché spesso non si conosce neanche il significato di caregiver, che molti pensano sia il badante. Caregiver significa donare cura, amore, e bisogna sensibilizzare la gente su cosa significhi. E su quanto sia importante rispettare le regole: no alle auto sui marciapiedi, sugli scivoli, sugli stalli”.
Qual è l’obiettivo di Giusi? “Provare a cambiare le cose, a far sentire la mia voce. Ci provo. E posso dare aiuto a chi è nella mia stessa situazione. Io stessa ho avuto supporto da altri genitori caregiver. Mi hanno aiutata e supportata e voglio fare lo stesso. Voglio dare forza per affrontare molte situazioni e soprattutto a non mollare, perché non bisogna farlo mai”.
Facciamo nostro l’appello alle istituzioni affinché si accelerino i tempi e gli intoppi burocratici e ci impegniamo ad avviare un dialogo con responsabili regionali e locali per approfondire i problemi e le emergenze.