di Cesare Giorgianni, riprese e montaggio di Matteo Arrigo
MESSINA – Quante emozioni, quanti sentimenti, quanti amori, quanti dolori può esprimere una fotografia. Quanta storia. Ma quando il ritratto racchiude il “cuore” di un’intera comunità, merita certamente di essere analizzato, sotto tutti i suoi aspetti, nella maniera più degna. Ed è quanto ha fatto Giuseppe Sfravara, che, come si legge nella prefazione al testo “In posa per l’America”, ha voluto letteralmente “regalare” un suo scritto per “l’amore per la propria terra, per il luogo in cui affondano le proprie radici, dove esiste una realtà che si nutre ancora della ricchezza del proprio passato, in un villaggio che al presente vive dei palpiti dei suoi abitanti, nel quale si prodigano coloro che, generando nuovi e continui fermenti culturali, hanno a cuore di custodire e tramandare la propria memoria”.
“In posa per l’America” è una pubblicazione di 52 pagine che l’autore ha presentato lo scorso 25 marzo nel villaggio di Santo Stefano Briga, un tempo Comune autonomo, poi soppresso dal regime fascista nel 1928. E’ importante questa data, perché è la stessa nella quale, cento anni prima (1923) fu scattata proprio questa fotografia divenuta storica. A ospitare la manifestazione al “Soprano” (così viene definita la frazione di S. Stefano Briga dai suoi abitanti) è stata la gremita “Sala Musica Salvatore Arnò (1884-1963) musicista e compositore”. Ha qui sede il prestigioso “Corpo Musicale Vincenzo Bellini” che, fondato nel 1784, rappresenta ancora oggi una delle bande musicali più antiche e importanti della Sicilia.
Ed è proprio la banda che sta al centro della vicenda storica che Giuseppe Sfravara ha abilmente voluto narrare e trasmettere alle nuove generazioni attraverso un libretto che è stato distribuito gratuitamente ai presenti all’incontro e dedicato, in particolare, ai componenti, più anziani e giovani, della stessa associazione musicale. Nell’occasione, è stato proiettato un video perfettamente realizzato in alta definizione dal giornalista e film-maker Matteo Arrigo, che ha ricostruito, trasformandoli in immagini, i contenuti del suggestivo testo scritto.
Raccontare tutto in poche righe significherebbe sminuire il racconto abilmente descritto da Sfravara; solo la lettura del testo, piacevolmente scorrevole e dalle varie sfaccettature storiche, può fare apprezzare sino in fondo il lavoro dell’autore. Possiamo solo fare cenno al “supranoto” Giovanni Cucinotta che, fatta fortuna a Boston nel Massachusetts all’indomani del terremoto del 1908, in una piovosa giornata di fine ottobre 1922 fece recapitare una grossa busta sigillata spedita dall’America qualche giorno prima. Era indirizzata all’Esimio Maestro Vincenzo Brancato e conteneva “un mazzo di dollari di diverso taglio, tra i quali spiccava quello da 100 e un biglietto piegato in due”.
Invitando i lettori a guardare per completezza il video realizzato da Matteo Arrigo, al redattore non rimane che scoprire una sola pagina del romanzo nella quale viene riportata la lettera inviata da Giovanni Cucinotta il 2 ottobre 1922: “Amici, compaesani, componenti della Banda, vi giunga caloroso il mio sincero saluto, il mio grazie per il tanto prestigio che state dando al nostro Villaggio e per la grande dedizione che ognuno di voi profonde per portare avanti questa ormai consolidata istituzione. Essere la più antica Banda di Sicilia è motivo di orgoglio per tutti noi Sopranoti, oltre che una grande responsabilità. Io vivo come sapete da oltre un decennio in America, con grande spirito di sacrificio e coraggio sono riuscito a portare avanti i miei progetti per cui vivo un’esistenza agiata, dove posso dire che non mi manca davvero niente. Mi mancano però il mio amato Villaggio, la mia famiglia, i miei affetti nei quali includo la Banda che voi meritatamente rappresentate. Ho gradito molto l’accoglienza riservata all’arrivo della salma del giovane bersagliere Vincenzo da parte vostra, oltre quella delle autorità. Per lui che volevo bene come un figlio, alla sua memoria, alla gloriosa uniforme indossata, vorrei si spendessero questi soldi affinché possiate realizzare una elegante divisa da indossare nelle occasioni importanti, tanto da aumentare il prestigio e la fama meritatamente riconosciuta fino ad arrivare qui in America. Vi chiedo inoltre di scattare una foto in alta uniforme e inviarmene una copia così io possa godere della vostra immagine a me tanto cara. Vi saluto con affetto e la speranza di tornare un giorno e lì rimanere per sempre”.
A “confezionare “ la storica foto ricca di particolari e curiosi dettagli, la cui gigantografia campeggia oggi su una delle pareti della “Sala musicale Salvatore Arnò”, furono la mitica “Sartoria Donsì” (era sita nelle vicinanze di Piazza Don Fano a Messina) e il noto fotografo Carmelo Garufi, un autentico artista dell’immagine del tempo.