di Marco Ipsale e Alessandra Serio
39 arresti, di cui 26 in carcere e 13 ai domiciliari, e 13 misure di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. 350 agenti di polizia impegnati stanotte per l’operazione “Market Place” condotta dalla Squadra Mobile, ai comandi del vice questore Antonino Sfameni, che ha scoperto “un’ampia e pericolosissima compagine delinquenziale, formata da più cellule, dedita al traffico di sostanze stupefacenti a Giostra”.
L’indagine, condotta dalla Squadra Mobile e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, nasce dall’agguato a Gaetano e Paolo Arrigo, padre e figlio, il 25 gennaio 2017. I due erano in viale Giostra ed erano stati bersaglio di qualcuno che, a bordo di un motorino, aveva sparato colpi di fucile ed era scappato, ferendoli alle gambe.
Tre giorni dopo veniva incendiata l’auto di Paolo Arrigo. Già nel settembre 2016 un altro componente della famiglia Arrigo aveva subìto un attentato simile e, in un’altra occasione, dentro un bar, venivano esplosi colpi d’arma da fuoco verso persone lì riunite, che avevano precedenti di polizia.
Tutto nella zona di Giostra. Si è così capito che lì ruotavano interessi di più cellule criminali che, armi alla mano, si stavano affrontando per avere la supremazia sul territorio e assicurarsi i guadagni del traffico di droga.
Cocaina, marijuana, hashish, skunk. Con intercettazioni telefoniche e ambientali, immagini di videosorveglianza e servizi dinamici, la Squadra Mobile ha scoperto una “centrale dello spaccio” gestita dentro il comprensorio edilizio di via Seminario Estivo, dove risiede la famiglia allargata degli Arrigo. “La Scampia di Messina”, così la definisce il collaboratore di giustizia Giuseppe Minardi.
Tanti “punti vendita” nelle case delle palazzine del complesso, gestiti dagli associati, usati sia per la vendita al dettaglio sia per la distribuzione ai pusher, anch’essi clienti.
In ogni casa gestita da uno dei sodali, la collaborazione delle famiglie allargate consentiva l’attività giorno e notte.
Una “roccaforte”, munita di videosorveglianza per
controllare gli accessi e, tramite schermi in casa, l’eventuale presenza delle
forze dell’ordine. Per evitare presenze indesiderate, anche le vedette e il “passaparola”
tra i condòmini e i clienti.
C’era poi un’ampia rete di fornitori, per garantire il costante flusso di varie droghe e far fronte alla forte domanda d’acquisto.
La Squadra Mobile ha ricostruito i patrimoni di alcuni degli indagati e delle loro famiglie. I beni posseduti e le loro capacità economiche non avevano proporzione rispetto ai redditi annuali. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina ha disposto anche il sequestro di beni mobili (auto e moto), immobili (case, garage e cantine) e denaro in conti correnti per un valore complessivo di oltre 300mila euro.