di Marco Olivieri, riprese e montaggio di Silvia De Domenico
MESSINA – “Rigenerare le periferie della nostra città è una priorità. I 145 milioni del progetto PinQua (Programma nazionale della qualità dell’abitare) vanno utilizzati al meglio. Il risanamento a Messina non riguarda solo chi vive in baracca, e verso il quale in tanti nutrono pregiudizi, ma tutti i messinesi. Nella missione del commissario, il presidente Schifani, c’è quella di restituire alla città 240mila metri quadri occupati ed eliminare cinquantamila metri quadri d’amianto. Sono spazi che vanno progettati nei territori e non calati dall’alto”. L’avvocato Marcello Scurria, sub commissario con il compito di completare il lavoro di sbaraccamento entro il 2024, risponde alle domande di Tempostretto nel cuore della baraccopoli di Camaro San Luigi.
Ci troviamo a un passo dalla sede regionale, un tempo della forestale, che è oggi il quartiere generale della nuova struttura voluta con una legge nazionale. Quando il sub commissario s’affaccia, dal suo nuovo ufficio, vede una distesa di baracche, tra amianto e degrado ovunque.
Un punto fermo è quello di modificare alcuni aspetti del progetto PinQua, dando l’addio all’idea degli otto piani del palazzo previsto a Fondo Fucile. Una rinegoziazione con il ministero che spetta alla Regione, con il commissario per il risanamento, e che dovrà vedere una stretta collaborazione con il Comune “per disegnare sul piano urbanistico il futuro della città”. Precisa Scurria: “Si demoliscono le Vele a Scampia, non vedo perché si debbano costruire qui questo tipo di palazzoni. Occorre ascoltare le realtà del territorio e costruire spazi aggregativi, favorendo l’inclusione ed evitando di realizzare quartieri e condomini ghetto. Questa è un’opportunità per l’intera città”.
Per Scurria, “Bisconte è l’emblema di un metodo che non va ripetuto: 189 alloggi, otto piani, al posto dei parcheggi auto bruciate, degrado assoluto. Chi lascia le baracche, una volta trasferitosi in palazzi non riservati solo a chi viveva in questi tuguri, paga ciò che deve (nel mese di febbraio, però, il presidente di Arisme La Cava aveva sollevato il problema di un 50 per cento che non paga). E, in futuro, mi auguro che sia in grado di acquistare le case”.