MESSINA – Siamo negli anni ‘60 e nei villaggi della zona sud di Messina si avvia la produzione degli agrumi, le coltivazioni di ulivo e vite lasciano il posto agli impianti di arance, limoni, clementine e mandarini.
Fu la svolta per intere fasce di territorio, la gente fece fortuna commerciando “l’oro di Sicilia”, nacquero cooperative e consorzi per la gestione della produzione e della vendita.
Per più di dieci anni i limoni “Interdonato” di Giampilieri, le arance tarocche di Pezzolo, le clementine del “Soprano” finiscono in quantità sulle tavole italiane ed estere.
Un decennio di gloria e poi un lento declino. Cercheremo di capire il perché della fine del grande commercio degli agrumi messinesi e cosa si può fare oggi per rivalutare le coltivazioni esistenti e creare nuovo lavoro.
Lo faremo con un video inchiesta, anche attraverso le parole di chi negli anni non ha mai smesso di crederci.
La zona sud di Messina ha conosciuto a partire dagli anni ’60, un fiorente commercio di agrumi, commercio fatto di piccole aziende familiari che riuscivano a far girare l’indotto di un’intera fascia di territorio.
“Negli anni ’70 la sola riviera jonica contava circa 5.000 ettari di agrumeto produttivi” – a spiegarci la grande potenzialità della nostra terra è Giorgio Foti, ex dirigente all’assessorato Regionale all’Agricoltura.
Nel periodo d’oro, intere famiglie e villaggi fecero fortuna, molti si riunirono in cooperative e consorzi per gestire la produzione e la vendita degli agrumi: “A S.Stefano di Briga, nel 1976, nacque la Cooperativa agricola Soprano, ad ogni stagione venivano spediti dalla vallata circa 5000 quintali di prodotto in tutta Italia” – ci racconta Paolo Ullo, ex presidente della cooperativa – “la gente aspettava che arrivasse la stagione della vendita degli agrumi per poter sposare poi un figlio”
Di colpo si è avuta una crisi di redditività degli agrumi, prosegue Foti: “Nel giro di qualche anno, sul finire degli anni ’70, l’economia andò a calare, tanto che si è passati da 5000 ettari coltivati agli attuali 2000, oltre 3000 sono andati bruciati e abbandonati.”
La mancanza di infrastrutture adeguate, la fine degli accordi commerciali, la concorrenza estera, hanno portato all’abbandono di buona parte del commercio.
Nino Crupi, titolare dell’azienda Agricola “Terra di S.Stefano” e Consigliere in carica della I° Municipalità, sottolinea come nonostante si produca un buonissimo prodotto non si riesca più a commercializzarlo. Le strade di campagna sono inadeguate per il passaggio dei grossi camion, e manca soprattutto una grossa rete che gestisca la distribuzione. Nella zona sud sono in pochi a vivere ancora con il ricavato degli agrumi.
Da quattro generazioni, la ditta “Lo Presti”, con sede a Galati Marina, si occupa della coltivazione, raccolta e spedizione, anche conto terzi, di agrumi e soprattutto limoni “Interdonato”.
Il pronipote del fondatore, Tonino Zagami, ci racconta dei sacrifici che ogni giorno insieme ai soci si trova ad affrontare: “alcune settimane fa abbiamo avuto difficoltà ad inserire i nostri prodotti sul mercato perché era invaso da prodotti esteri, i quali non possono competere con noi in gusto e proprietà ma ci battono sul prezzo”
“E’ assurdo che un siciliano compri arance spagnole, israeliane o turche! Se solo i siciliani consumassero arance di casa risolleveremmo già il mercato interno” – lo sfogo di Giacomo Dugo, docente in Chimica degli Alimenti presso l’Università degli Studi di Messina – “Bisogna fare educazione alimentare, portare nelle mense scolastiche prodotti locali, questo favorirebbe anche i piccoli produttori”.
Nino Aloisio, tabaccaio di professione, sta impiantando nuovi agrumi per sviluppare la rete di vendita tramite i tabaccai italiani. Una volontà che oltre l’aspetto economico nasce dall’amore verso la propria terra: “La mia intenzione è di riuscire a produrre personalmente i frutti, e riuscire a farli arrivare in tutta Italia sui banchi dei colleghi”.
Le considerazioni finali sono comuni. Serve una sapiente campagna promozionale. Una strategia di marketing ben studiata può completamente cambiare le sorti dei nostri prodotti tipici e del territorio.
Importante è una guida comune, tecnica e politica.
A tal proposito sarebbe fondamentale l’istituzione di un Assessorato all’Agricoltura, al momento assente al Comune di Messina.
Tra i promotori dell’istituzione di un assessorato Antonino Crupi: “Siamo fortunati ad avere un territorio produttivo come il nostro. Le nostre aziende non hanno bisogno di finanziamenti, hanno bisogno di strumenti e supporto per la crescita e lo sviluppo”.