MESSINA. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la città dello stretto venne pesantemente bombardata. Dal gennaio ‘41 all’agosto del 1943, la città subì 4 bombardamenti navali e 2805 attacchi aerei. Dove si riparavano i cittadini durante i bombardamenti? Nel centro città vennero usate le gallerie stradali e le cantine. Dei rifugi antiaerei presenti nell’area urbana, il ricovero “Cappellini” è sicuramente il più conosciuto, sorge in prossimità dello svincolo di Boccetta, alle spalle dell’Istituto Archimede. Il rifugio, oggi trasformato nel museo del ‘900, fu l’unico ricovero contro le bombe costruito appositamente per questo scopo, mentre ad esempio le gallerie Santa Marta e di via Palermo, che erano appunto delle gallerie stradali, furono utilizzate come riparo già dai primissimi bombardamenti.
A partire dal gennaio del 1943, le incursioni degli alleati sulla città si fecero sempre più insistenti, la gente fu costretta a ripararsi stabilmente dentro i rifugi, rimanendoci per mesi. Possiamo immaginare in che condizioni: senza elettricità, con scarsi approvvigionamenti di acqua e cibo, e con l’imperante problema di malattie e insetti infestanti dovuti alla scarsa igiene.
In periferia e nei villaggi, per proteggersi dal pericolo delle bombe, furono invece usate le gallerie dell’acquedotto o i cosiddetti “buttischi”, trafori scavati nella roccia allo scopo di intercettare e convogliare l’acqua di sorgente, tuguri dove si viveva nell’umido e in promiscuità. Esistono ancora questi ricoveri in città? Siamo andati a visitarne qualcuno.