Intestazione fittizia di realtà societarie, beni immobili e auto in realtà riferibili al padre. E’ l’accusa nei confronti di Stefania Sparacio, 26 anni, figlia del boss Salvatore, arrestata e posta ai domiciliari su misura disposta dal giudice del Tribunale di Messina, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Messina.
Secondo ipotesi d’accusa, che dovranno trovare conferma nei gradi di giudizio, la giovane avrebbe assunto fittiziamente la titolarità di due locali di corso Cavour (Bar del Corso e Antica locanda del Corso), meta della movida giovanile, agevolando la commissione di altri reati, quali ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro e beni di provenienza illecita.
Nel corso delle indagini, è emerso che il padre prendesse decisioni autonome, senza interpellare la figlia, solo formale titolare. In un caso, rimproverava al telefono il sodale Mario Alibrandi per aver fatto rispondere al telefono il banconista: “Ma quello che ca… risponde a telefono, lui si deve stare dietro al banco… va’ e rimproveralo… non deve rispondere lui al telefono… cos’è questo bordellino… lunedì se ne deve andare… troppo babbo è”.
Salvatore Sparacio si sarebbe occupato anche della gestione economica dei bar oggi sequestrati: “… gli dobbiamo dare una stretta alle spese… sono due giorni che faccio spese in continuazione e non va…”.
La Guardia di Finanza di Messina ha rilevato una “evidente sperequazione tra gli incrementi patrimoniali rispetto al reddito legittimamente prodotto”, dopo “analitica ricostruzione delle disponibilità patrimoniali acquisite nell’ultimo ventennio dal boss e dalla sua famiglia”.
Da qui la richiesta, da parte della Procura di Messina, di arresto della donna, ritenuta “un mero schermo del padre, consapevole del rischio di incorrere in provvedimenti di sequestro in relazione alla sua caratura criminale”.
Oltre ai due bar, sequestrati anche il 25 % di una società messinese del settore della consulenza pubblicitaria, due fabbricati a Messina, un’auto e contanti per 15mila euro, per un valore stimato di 1 milione e 100mila euro.
Salvatore Sparacio è figlio di Rosario (il cui corteo funebre era balzato agli onori della cronaca in periodo di confinamento, ad aprile 2020), che è fratello dello storico boss Luigi, poi divenuto collaboratore di giustizia.
Nello scorso aprile, Salvatore era stato coinvolto nell’operazione “Provinciale”, insieme ad altri quattro membri storici del suo clan, operante al rione Ariella – fondo Pugliatti.
Il gruppo mafioso era riferimento cittadino per le scommesse illecite, tanto da spuntare commissioni del 40 % sugli incassi, forte anche di consolidati rapporti con dirigenti maltesi del settore e connessioni con esponenti della politica locale.
Di recente, il Tribunale del Riesame ha riconosciuto l’esistenza autonoma del clan con a capo Salvatore Sparacio, inizialmente ritenuto subordinato al clan di Giovanni Lo Duca. Secondo il Tribunale, i rapporti tra i due clan erano “caratterizzati da un rapporto di non belligeranza… in forza del quale il referente di un gruppo criminale interviene nei momenti di difficoltà attraversati dal gruppo concorrente…”. Per questo era stato disposto l’aggravamento della misura nei confronti di Mario Alibrandi e Antonio Scavuzzo, inizialmente ai domiciliari, poi rinchiusi nelle carceri di Messina e Caltanissetta. E alle elezioni del 2018, il clan Sparacio e il clan Lo Duca appoggiavano candidati diversi.