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Messina vista con gli occhi di un fuori sede: “La città sta migliorando” VIDEO

MESSINA – Lasciare la propria terra non è mai semplice, ma a volte è necessario per realizzare i propri sogni. Questo è ciò che ha spinto Santi Enrico Bruno, messinese di nascita e milanese, ormai, di adozione, a lasciare la propria città. “Andare via, lasciare la propria città, i propri amici, i propri parenti non è mai una scelta facile. Durante i miei vent’anni ho investito tanto in questa città perché ne ho sempre riconosciuto l’immenso potenziale che ha. Ho deciso di lasciare Messina quando ho capito di aver bisogno di nuovi stimoli, di riuscire a vedere il mondo da un’altra prospettiva. E così sono andato via per proseguire gli studi e poi ho iniziato il mio percorso lavorativo. L’idea di lasciare Messina era legata al sogno di tornare, quindi di apprendere più competenze possibili per poi provare a investire qua. Un sogno che continua ad essere oggi vivo dentro di me. Ancora non credo di tornare in città. Sono partito con la volontà di riuscire a diventare, grazie anche alle esperienze accumulate fuori Messina, la miglior versione di me dal punto di vista anche professionale. Un percorso iniziato circa 6 anni che ancora, però, non ritengo completo”, racconta.

Messina vista con occhi diversi

Santi torna spesso a Messina, soprattutto durante le vacanze. Spiega: “Devo dire che è innegabile che per gli occhi di un fuori sede Messina è in continuo miglioramento. Questo sicuramente grazie a quelli che sono stati i fondi stanziati dal governo per quanto riguarda il Pnrr, Piano nazionale per la ripresa e resilienza. Vediamo una Messina che strizza anche l’occhio all’innovazione. Una città più pulita grazie all’impegno nella raccolta differenziata, una città che cerca di intraprendere la strada delle città europee, quindi più a misura d’uomo con isole pedonali e parcheggi. Inoltre, un incremento importante dei mezzi pubblici, una cosa che a Messina tendenzialmente non siamo mai stati abituati a vedere. Il percorso intrapreso da questo punto di vista sicuramente è positivo”.

“Mai vista come una città delle opportunità”

“Messina – prosegue – non viene mai vista come una città delle opportunità. Vivere fuori ti abitua anche a cercare di vedere le cose da diversi punti di vista. Messina ha tantissime opportunità di crescita. La Sicilia in generale è un territorio, un tessuto culturale, un tessuto aziendale ricco di Pmi (piccole e medie imprese). Questo è un problema, ma al contempo un’opportunità. L’opportunità è quella per l’amministrazione, per le istituzioni ma anche per le singole aziende di riuscire a generare networking. Al nord si riesce a generare con maggiore facilità. Insomma, riuscire a far sì che le aziende riescano a collaborare tra di loro per crescere insieme. E su questo io sono convinto che tutto il mondo dei fuori sede, di cui Messina è particolarmente ricco, possa aiutare a supportare questa crescita di aziende, quindi questa contaminazione con gli eventi”.

Un altro punto di forza su cui la città può e deve puntare è il turismo: “Messina può e deve guadagnare attrattività. Messina è il primo porto crocieristico della Sicilia e settimo in Italia, nel 2023. Solo un anno prima era decimo. Il turismo crocieristico è un turismo che continua ad evolversi, continua ad aumentare per la città e anche questa è una opportunità che la nostra città non può permettersi di non cogliere. Bisognerebbe lavorare su questo con una maggiore sinergia tra istituzioni e cittadini per assicurarci un futuro più dinamico e inclusivo”, sottolinea il fuori sede.

“Sono per il no ponte”

Per la calda questione del ponte sullo Stretto di Messina, Santi Enrico Bruno prende una chiara posizione. “Personalmente sono per il no ponte. Giusto ieri mi trovavo a Torre Faro e nel momento in cui ti trovi davanti questa bellezza non vuoi vedertela strappare via. Chiaro che il ponte probabilmente porterebbe, da un punto di vista economico, soldi alla città. Al contempo però distruggerebbe quello che è il nostro motivo di vanto maggiore: tutta la zona dello Stretto. Ci basta guardare lo stretto per capire cosa perderemmo. Per cosa poi? 20 minuti di traghetto? Credo che possiamo sopportarli”, conclude.