Hanno taciuto quasi tutti gli arrestati dell’operazione Provinciale sui clan della zona sud a Messina. Sfilati davanti al giudice per le indagini preliminari Maria Militello per gli interrogatori di garanzia, la gran parte di loro ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere.
Silenzio anche da parte di Antonino e Natalino Summa, padre e figlio, già consigliere provinciale il primo, candidato alle ultime comunali lui. I difensori, gli avvocati Piero Pollicino e Tommaso Autru Ryolo, preferiscono rimandare il confronto al momento del Tribunale del Riesame. Per il momento restano quindi agli arresti domiciliari.
I due sono accusati di scambio politico-elettorale: avrebbero cercato e trovato l’appoggio del boss Salvatore Sparacio per avere voti negli ambienti controllati dal clan alle scorse comunali messinesi del 2018, in cambio di 10 mila euro.
A mettere nei guai i Summa sono state le cimici piazzate dagli investigatori nell’auto e nelle zone frequentate da Sparacio e dai suoi più fedeli, che hanno intercettato in particolare l’intero incontro del candidato e del padre con il boss e i suoi, nei locali della Biliardi Sud.
Uno dei protagonisti dell’accordo, proprio Sparacio, è invece uno dei pochi che ha deciso di parlare, davanti al GIP Militello, discolpandosi.
“E’ una caratteristica specifica della mafia, a differenza delle altre organizzazioni criminali, di infiltrarsi negli ambienti politici, istituzionali ed economici – spiega il procuratore capo di Messina Maurizio De Lucia – Dialogare con la politica è uno dei core business principali della mafia”.