Non c’è soltanto la pronunzia del tribunale del Riesame che da ragione alla Procura e sancisce l’esistenza del clan Sparacio come famiglia autonoma, che cura i propri affari nella zona di Fondo Pugliatti e non soltanto.
Non c’è soltanto il fatto che le indagini hanno svelato che, pur se intestate alla figlia Stefania, le attività economiche in centro erano comunque gestite dal padre pregiudicato Salvatore Sparacio.
Alla base del sequestro da oltre 1 milioni di euro scattato ieri, infatti, c’è anche la sperequazione tra i redditi dichiarati e quelli posseduti realmente, che hanno convito il giudice di Messina a mettere i sigilli ai beni della famiglia già al centro dell’operazione Provinciale e del “clamoroso” funerale non autorizzato, col corteo in piena pandemia.
Lo spiega nell’intervista il Tenente Colonnello Emanuele Camerota, capo del GICO del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Messina, che entra nel dettaglio dei beni sequestrati.