Lo sfruttamento della prostituzione nigeriana trova terreno fertile a Messina. Un anno fa l’operazione Balance, con l’arresto di cinque persone (quattro nigeriani e un messinese), oggi l’operazione “Terra Promessa”, diretta dalla Squadra Mobile di Catania insieme a quelle di Messina, Caltanissetta, Verona, Novara e Cuneo, ha portato all’arresto di dieci nigeriani, di cui tre a Messina. La “terra promessa” era l’Europa, per le nigeriane, che speravano di uscire dalla miseria e aiutare anche i propri familiari in patria.
Dieci nigeriani sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tratta di persone, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione, con le aggravanti della transnazionalità del reato, di avere agito mediante minaccia attuata col rito religioso-esoterico del vudù, tacendo la destinazione alla prostituzione e prospettando invece un lavoro lecito, facendo attraversare il continente sotto il controllo di criminali, con privazioni, violenze e rischio di naufragio.
I dettagli sul rito juju sono gli stessi emersi a Messina un anno fa. Una giovane sbarcata a Catania il 7 aprile 2017, insieme ad altri 433 migranti, aveva raccontato di essere emigrata perché convinta da un connazionale di nome Osaz. Era Osazee Obaswon, dimorante a Messina, che l’aveva prelevata da una struttura protetta, portata a casa sua e avviata alla prostituzione.
Era il leader di una rete criminale transnazionale, con cellule in Nigeria, Libia, Italia e altri Paesi europei, che lucrava sul traffico umano. Accertate almeno 15 vicende di tratta ai danni di altrettante connazionali. I familiari, in Nigeria, erano addetti al reclutamento, in base a criteri estetici, e ai riti magici.
L’indagata Belinda John, già arrestata e condannata per tratta di esseri umani, gestiva alcune postazioni di prostituzione in strada a Messina.
Gli indagati James Arasomwan e Macom Bensom erano incaricati della riscossione del canone di locazione per la “proprietaria” della postazioni, la John, mentre altre basi operative erano a Novara, Verona e Mondovì (Cuneo).
Dall’analisi dei flussi di denaro movimentato attraverso le carte di credito e postepay, sequestrate, sono state accertate operazioni per un totale di 1 milione e 200mila euro, inviati in Nigeria, dove venivano impiegati in investimenti immobiliari.