«Porto Reggio a canestro, come Manu Ginobili».
E sono già brividi.
Certo, anche con la palla a spicchi tra le mani, la sagoma di Kento ricorda più microfoni e Mc che non scarpe alte e parquet, ma davvero è una scossa il filo della memoria e dell’emozione con cui il rapper reggino (al secolo, Francesco Carlo) celebra Emanuel David Ginóbili Maccari.
Per tutti, specie a Reggio Calabria, Manu Ginobili.
La questione è molto semplice: in quelle stesse lande di periferia in cui «bimbi di un metro e 40 provavano il “gancio cielo”», lì «c’è chi ha preso un pallone in mano e chi ha preso un coltello».
Sono queste le sliding doors di una comunità intera, e pure di un brano emozionante e trascinante: Come Ginobili.
Ecco perché il videoclip diretto da Daniele Melara è suggestivo, fino a farti venire il groppo in gola. Perché la forza e il talento di Ginobili sono assimilabili al ferro e alla luce evanescente che infondono le colonne dell’Opera di Edoardo Tresoldi. Che è poi una delle tante location reggine dove il video stesso è stato girato, dal PalaCalafiore al Castello aragonese.
E anche perché il talento di Kento è pure occasione per festeggiare il ventennale di Reggio a canestro, che produce brano e video.
Anche attraverso i tanti punti di contatto che Kento vuol evidenziare tra le scelte e l’identità di Ginobili e le sue: «Ho fatto la gavetta / come Manu Ginobili», epperò anche «mai stato “prima scelta”», proprio come il talentuoso gaucho. Che però coi San Antonio Spurs ha poi firmato 14.043 punti e s’è aggiudicato quattro titoli Nba.
…E tuttavia, al contempo, nel 2006 San Giorgio d’Oro, perché Reggio Calabria e i reggini mai e poi mai hanno reciso il “cordone ombelicale” con un campione-simbolo del fenomeno sportivo e sociale incarnato dalla Viola basket.
In questo senso, il brano ha davvero il respiro di una celebrazione dei fasti neroarancio della Viola e dell’identità di una città intera, che si rivedeva nel gioco del basket, nei campionissimi per i quali «da dove vieni conta quanto dove sei, come Manu qui in Calabria, come Sasha in Nba». Dove Sasha, naturalmente, è l’indimenticato e indimenticabile Volkov dell’oro olimpico a Seul con l’allora Nazionale sovietica, degli Atlanta Hawks e della Viola 1992/93.
Niente da fare: il quid, Kento ce l’ha. E sì, ha probabilmente ragione lui: «c’è meno distanza tra Reggio e Bahia Blanca / che tra l’essere davvero artisti ed il “quasi abbastanza”».