di Marco Olivieri, riprese e montaggio di Silvia De Domenico
MESSINA – La corsa a tre per diventare rettore dell’Università di Messina. Michele Limosani, direttore del Dipartimento di Economia, si contende, con Giovanni Moschella e Giovanna Spatari, la guida di Unime per i prossimi sei anni.
Professore Limosani, lei si definisce l’unica voce critica rispetto all’ultimo governo dell’Ateneo, tra i candidati rettori. Ci vuole spiegare perché?
“Durante questi anni, non ho condiviso il modus operandi e le politiche di gestione proposte dal rettore Cuzzocrea. Una governance e una gestione in cui è mancato il confronto, il rispetto per le persone e per le regole (l’ex rettore ha rivendicato la regolarità delle proprie scelte, n.d.r.) e, qualche volta, per le istituzioni. Di fronte a tutto questo ho espresso il mio dissenso”.
La sua valutazione sull’indagine in corso, nata dall’esposto del senatore accademico Paolo Todaro sulla gestione dell’ex rettore Salvatore Cuzzocrea?
“Non nascondo quanto sia delicato questo momento per la nostra comunità. Prevalgono a volte sgomento, preoccupazione, incertezza rispetto ai fatti gravi che in questo momento vengono contestati all’ex rettore. Io sono convinto, e sono fiducioso, che, nelle sedi opportune, chiarirà la sua posizione e respingerà ogni addebito. Ma è chiaro che non possiamo ignorare quello che sta accadendo. La crisi di reputazione. La perdita d’immagine e di credibilità. Il danno d’immagine è incalcolabile e non possiamo fare finta che non sia successo niente. Qualcosa non ha funzionato”.
E il maggiore elemento di discontinuità che vorrebbe affermare da rettore?
“Lo ribadisco: garantire il pluralismo, il confronto e il dissenso”.
Perché un ragazzo o una ragazza dovrebbero iscriversi a Unime?
“Siamo in un momento di sfide epocali. I temi della globalizzazione, dell’integrazione, della convivenza pacifica sono fondamentali. I giovani sono chiamati a vivere il periodo universitario come una fase in cui s’attrezzano, in modo d’affrontare queste sfide da protagonisti”.
Si può fare anche con Unime?
“Certo, abbiamo grande tradizione e grande cultura. Dobbiamo recuperare la memoria storica del contributo che la nostra Università ha dato alla realtà sociale e abbiamo le risorse umane per affrontare queste sfide”.
Lei parla di confronto ma c’è chi dice che ci sono solo dei gruppi di potere contrapposti. E lei, in questo schema, apparterrebbe allo schieramento dell’ex rettore Navarra…
“Non sono il candidato di una parte o di una persona. Sono interprete di un progetto che ha trovato il sostegno di diverse sensibilità, di una comunità plurale, a più voci. Inoltre, ricordo che il professore Cuzzocrea vinse, come rettore, con percentuali vicine all’85 o 90 per cento. Era una comunità coesa e dall’indomani sono iniziate le contrapposizioni, le pregiudiziali. Quest’amministrazione, con il suo operato, ha creato artificialmente le contrapposizioni. Durante questi anni, in cui tutto ciò si rendeva evidente, chi parla oggi di scontri dov’era? E cosa ha fatto per evitarli?”.
Perché, secondo lei, bisogna inverire la rotta anche in relazione al Policlinico?
“Perché è attraversato da una crisi strutturale e motivazionale importante. Alcuni segnali: ad esempio il pronto soccorso è un fallimento dell’amministrazione ed eventualmente della direzione generale. Ma parliamo anche delle risorse finanziarie: Palermo è riuscita ad attrarre 300 milioni di euro per il potenziamento tecnologico e per migliorare cure, prestazioni e ricerca. Messina non può vantare questi record. Altro problema: la fuga di professionalità, così come la mortificazione di tante professionalità che al Policlinico hanno dato un contributo significativo. Ecco perché la crisi è evidente e di sistema”.
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