"Per una cultura della pace nella scuola": il libro di Antonio Mazzeo

“Per una cultura della pace nella scuola”: il libro di Antonio Mazzeo

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“Per una cultura della pace nella scuola”: il libro di Antonio Mazzeo

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domenica 24 Marzo 2024 - 18:58

La sociologa Tania Poguisch riflette sulla "militarizzazione dell'istruzione in Italia. Troppa guerra e poca pace"

La sociologa Tania Poguisch recensisce il libro “La scuola va alla guerra” di Antonio Mazzeo. Uno spunto di riflessione per “una cultura della pace”, senza per questo nulla togliere alla rilevanza costituzionale delle forze armate e alla loro attività quotidiana a tutela della collettività.

Il libro

“La scuola va alla guerra. Inchiesta sulla militarizzazione dell’istruzione in Italia” è l’ultimo lavoro di Antonio Mazzeo, insegnante e peace – researcher, impegnato da sempre sui temi della pace e del disarmo, dei diritti umani e dei migranti.
Il primo capitolo del libro ci pone subito una domanda: “Dove va la scuola italiana?”. Per un giornalista e ricercatore come Antonio Mazzeo, che da anni raccoglie e analizza i processi di militarizzazione della sfera scolastica, la risposta sembra “scontata” e come lui stesso scrive “La scuola va alla guerra”.
Il lettore più ingenuo potrebbe rimanere esterrefatto, ma i fatti raccontati dall’autore non ci danno giustificazioni se “bazzichiamo” certi temi. Alla fine ci rimane molto amaro in bocca e per fortuna anche la voglia di invertire una rotta che sta distruggendo il vero senso che dovrebbero avere le scuole e tutti i sistemi di formazione e d’istruzione. Certo, il compito si presenta piuttosto arduo, volendo giocare su un termine che nel libro annusiamo e che l’autore ci mette in guardia dall’usarlo acriticamente perché nella propaganda educativa odierna c’è l’intento di convincerci che essere ardui e combattenti è la strada vincente da percorrere. E nei fatti, come scrive l’autore, da oltre un decennio assistiamo alla penetrazione militare che viene perseguita negli ambiti educativi “con interventi strutturati, modalità e linguaggi sempre meno diretti e sempre più strumentali, proprio per questo più pervasivi e pericolosi se indirizzati ai bambini più piccoli”.

“Si è sviluppato un pensiero unico nel segno del militarismo”

Nel documentatissimo libro di Antonio Mazzeo ci bastano queste frasi a spingerci a leggere il più frettolosamente possibile il resto delle pagine. E avviene, secondo me, dentro di noi una corsa ad ostacoli per raccapezzarci su quello che sta succedendo ai giovani alunni delle scuole italiane. In questa nostra corsa ad ostacoli troviamo al nostro fianco anche le scuole, però col ruolo di “ingaggiare”, insieme all’esercito militare italiano, studenti e studentesse di ogni ordine e grado. Iniziamo con uno dei tanti episodi riportati in maniera eccellente nel libro. In particolare, l’evento in cui le bambine e i bambini di una scuola dell’infanzia sono stati accompagnati, secondo quanto detto dalla docente referente, dal personale dell’esercito in un percorso educativo per acquisire il senso di appartenenza alla nazione e ai valori come la fiducia, il coraggio, la solidarietà. Elementi essenziali della vita con e senza divisa, ma propagati da autori militari.
Tantissimi gli eventi che troviamo all’interno di questo viaggio che ci fa fare il libro e che sono considerati “educativi” dalle scuole che aderiscono ai variegati progetti insinuati nelle attività scolastiche dalle forze armate e fatte passare come migliore collante per far crescere i futuri dirigenti del Paese e orientarli ai “Signorsì”. L’importante, emerge da questa intensa inchiesta, è sviluppare un pensiero unico e anche controllato da chi è al comando: in questo specifico spazio- scuola non dai dirigenti scolastici, ma dalle varie infrastrutture militari. Ad esempio, per citare alcuni dei casi ben dettagliati nel libro, circa 50 infrastrutture dell’Aeronautica sparse in tutta Italia sono state aperte alle scuole il 28 marzo 2023.

A fianco di queste attività ne troviamo altre che partono da un concorso nelle scuole piuttosto di routine dal titolo Vivere da sportivi. A scuola di fair play, promosso dall’omonima onlus, con elaborati su bullismo, cyber bullismo, sessismo e ambiente, che vede la cerimonia finale dei premi nel Centro Alti studi della difesa di Roma con un premio ben mirato per le scolaresche vincitrici: una intera giornata all’interno di un reparto delle Forze armate.

“Bisognerebbe parlare dei morti nella Prima guerra mondiale ad esempio”

In questo specifico caso, ma nel centinaio di casi che descrivono dettagliatamente le attività con le infrastrutture militari e ben riportate nel lavoro di Antonio Mazzeo, ci deve fare riflettere il perché l’Italia in connessione con il proprio ministero dell’Istruzione e della Ricerca abbia un gran desiderio di educare alla guerra. Si, alla guerra, perchè nelle pagine del libro di Antonio Mazzeo ci troviamo immersi in una sequenza di attività che tra gioco e feste varie vedono coinvolti gli studenti in una serie di campagne rèclame promosse una volta dallo Stato maggiore della Marina, un’altra volta dall’Aeronautica e così via. Tutte attività dal titolo accattivante per l’immaginario collettivo di giovani studenti che si approcciano a queste esperienze pensando di giocare, partecipare attraverso dei concorsi ed imparare qualcosa del senso civico. Troviamo: Vento in poppa, “Alzarsi in volo per seguire i sogni”, “La grande guerra a colori”. Nei fatti, se alcune di queste attività fossero capovolte nel senso educativo basato sui principi costituzionali di una scuola libera, laica e per tutti, parlare della Prima guerra mondiale con i fatti reali documentati da storici e studiosi e delle morti di migliaia di giovani che non volevano andare a fare una guerra che non era la loro guerra, aiuterebbe i giovani a costruire un altro paradigma per l’umanità.
Ed invece a leggere il libro vediamo impilare una dietro l’altra le offerte formative che si realizzano attraverso protocolli d’intesa sottoscritti dai vari settori militari con il ministero dell’Istruzione e del Merito, ma anche dell’Ambiente.

Assistiamo a un pervasivo intervento nell’ambito educativo da parte di chi offre piani e offerte formative che indirizzano la formazione e la cultura dei giovani verso la guerra. Il ministero della Difesa e quello dell’Istruzione e del Merito operano con un vero pacchetto formativo in cui in diversi casi, vedi ad esempio i corsi di cultura aeronautica dello Stato maggiore dell’Aeronautica, viene rilasciato un attestato di frequenza con punteggio di merito in alcuni concorsi dell’Aeronautica. In questo specifico contesto alcuni istituti hanno inserito le attività di volo tra i percorsi di alternanza scuola- lavoro.
E tra una corsa campestre ed una maratona promossa dalle Forze armate che ben conoscono i desideri e gli interessi giovanili, la democrazia ha perso più di un filo nella costruzione di una rete che sta ingabbiando, dentro una narrazione tossica e pericolosa per la libertà del pensiero e per una formazione plurale e mai inneggiante alla guerra, l’articolo 11 della Costituzione “L’Italia ripudia la guerra”, per spianare la strada a chi vuole “normalizzare il binomio scuola- caserme”.

Con questo schema qualsiasi operazione potrebbe passare per operazione umanitaria e sicura. Lo è stato per la guerra in Kosovo spacciata come “guerra umanitaria”. In questi anni, e lo abbiamo visto anche nel campo delle migrazioni, operazioni di salvataggio in mare come quella denominata Sophia, nome dato da una giovane donna somala alla figlia nata a bordo di una nave militare, hanno coperto il vero volto violento di una politica che controlla e chiude i confini.
Per parafrasare il linguaggio dell’attuale governo italiano “Dio – patria – famiglia” possiamo dire che c’è tanta retorica umanitaria ed escludente che prepara i passi verso la diseducazione alla democrazia e ad un senso dello Stato che nella contemporaneità dei governi attuali deve essere interpretato in particolare come spazio da difendere da qualsiasi nemico di turno. Il fatto stesso che si pensi di avviare un progetto denominato (come ci riporta il libro) “Costruiamo insieme il nostro futuro” per realizzare veicoli industriali e militari volti alla difesa e sicurezza del paese ce la dice lunga sul progetto educativo pensato dal nostro governo.

“Rafforziamo l’educazione alla pace”

A questo punto mi viene da parafrasare anche Hanna Arendt, quando cita “gli espulsi dalla vecchia Trinità Stato- popolo- territorio”, che oggi potrebbero essere coloro che cercano rifugio e giungono ai porti dell’Europa contemporanea e rimangono senza diritti perchè è dal Novecento che manca il “diritto di avere diritti” e qualsiasi strada si voglia intraprendere per difendere e ampliare quei diritti potrebbe essere oggi ad un bivio.
Il libro di Antonio Mazzeo, secondo me, ci sta dicendo proprio questo in riferimento alla scuola, reale luogo dove possa radicalizzarsi la democrazia per interpretarla sempre per costruire diritti e non per difenderli per limitarli agli altri.
Di fronte a questo catastrofico modello educativo, nelle ultime pagine del libro l’autore ci racconta di come gli studenti di alcune scuole italiane si stiano opponendo a questa persistente invasione della cultura militare e patriottica nelle attività scolastiche, manifestando per una scuola pubblica e laica contro la guerra, per la pace, contro il razzismo e il sessismo. Allo stesso modo alcune realtà come il Cesp, Cobas scuola e Mosaico di pace lanciano un appello contro l’invasività della penetrazione ideologica intrisa di esaltazione per l’uso delle competenze militari a fini educativi, promuovendo l’Osservatorio nazionale contro la militarizzazione delle scuole e delle università con seminari e corsi di aggiornamento sul binomio scuole – guerre.

Come scriveva il filosofo Aldo Capitini, “il rifiuto della guerra e della sua preparazione è la condizione preliminare per parlare di un orientamento diverso”. Come dargli torto! Per chiudere, un passaggio che voglio mettere in evidenza è la caratteristica di questa opera che sta girando insieme al suo autore in varie parti d’Italia: l’assenza della retorica. Non si raccontano opinioni ma fatti attendibili perché presi da archivi ben documentati. Bravo Antonio Mazzeo, amico pacifista ed educatore.

Tania Poguisch

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