“Macbeth”, il delirio del potere

“Macbeth”, il delirio del potere

Tosi Siragusa

“Macbeth”, il delirio del potere

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lunedì 11 Gennaio 2016 - 23:07

Sulla rotta della decima musa: Macbeth, o del potere che rende gli uomini folli ed è causa di morte (e ogni strada che ad esso conduce è lastricata di misfatti e sangue). Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Nel X secolo, Macbeth, signore di Glamis, già condottiero valoroso con spade e pugnali nella guerra di Scozia contro il traditore MacDonald, cede alla sete di potere per seguire e fare avverare la profezia (pronunciata dalle tre sorelle fatali) che lo indica quale futuro re, incapace di porre un limite ai propri desideri e fomentato in questa insana ambizione dalla spietata moglie. Uccide allora, con modi e tempistica ignominiosi, il re (durante le ore notturne, mentre il sovrano di Scozia, Duncan, è suo ospite a Inverness) ma mal gliene incoglie… anche perché sarà la prole di Banquo a regnare, come da sibillina previsione. La metamorfosi di Macbeth, da generale onorevole – come nella potente scena sul campo di battaglia, in un grigio scenario – in traditore rude e sanguinario, non convince appieno e potrebbe apparire a tratti deludente.

La tragedia di Shakespeare, riadattata più volte nel corso di circa 400 anni, è a buon diritto fra le più amate e rappresentate (e fonte di ispirazione anche in campo musicale, come in Verdi, e nelle arti figurative) in quanto archetipica della bramosia dei mortali e delle sue nefaste conseguenze. Questa traduzione cinematografica, ovviamente di genere drammatico, non è del tutto fedele, prendendosi alcune libertà nella sceneggiatura, a più mani, rispetto all’originario testo e sembra lontana dalla riuscita opera filmica drammatica del ’71 di Roman Polanski, e da quella precedente del 1948 di Orson Welles, oltre che dal “Trono di sangue” di Akira Kurosawa. Justin Kurzel, il regista australiano, ha effettuato le riprese (molto brevi) fra le nebbie della Scozia e dell’Inghilterra, fra paesaggi maestosi , primitivi, selvaggi e percorsi da nebbie e precipizi, in lande impervie e desolate (come l’anima di Macbeth) ed ha presentato la pellicola in concorso al festival di Cannes 2015 (con poca fortuna); la distribuzione nelle sale britanniche è avvenuta il 2 ottobre 2015 ed in quelle italiane il 5 gennaio. La fotografia di Adam Arkapau, le scenografie di Fiona Crombie, i costumi di Jacqueline Durran e gli effetti speciali di Bernard Newton, costituiscono insieme alle musiche di Jed Kurzel le parti più convincenti dell’opera.

Lady Macbeth, seducente e machiavellica, è notoriamente ispirata alla regina di Scozia Gruoch, e già dalla prima apparizione in scena nella tragedia di Shakespeare, mentre legge la lettera del marito che la informa sull’apparizione delle streghe profetiche, denota il suo essere frustrata e assetata dalla volontà di migliorare la sua condizione e salire in alto quanto a posizione e rango, per una esistenza che immagina migliore, e di voler per questo utilizzare ogni mezzo atto a fiaccare la già debole morale del marito (per riversare nelle sue orecchie i demoni che la agitano). Il monologo in cui rinnega la parte femminile, materna e accogliente, chiedendo di tramutare il proprio latte in fiele, dà i brividi. Lady Macbeth, da crudele manipolatrice, così, spinge il marito a macchiarsi in maniera indelebile le mani e la coscienza, e cederà per ultima al rimorso rispetto al consorte (si presume dandosi la morte dopo un lungo delirio) che, invece, non saprà più, già dopo il primo assassinio, gestire gli eventi. Donna spregiudicata e nera (sulle prime dichiara che avrebbe in spregio un cuore esangue) non è però dipinta solo come un mostro, con tratti cioè netti a livello psicologico: è infatti ispiratrice del male, ma anche vinta dall’insopportabile peso della colpa, e dunque personaggio complesso oltremodo, che ha alimentato sovente gli ambiti artistici. Lo scrittore Nikolaj Leskov ha dato il suo nome all’intitolazione della sua novella “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk” e da questo testo il compositore Dmitrij Sostakovic ha tratto la sua opera omonima degli anni ’30. La cupidigia e la stoltezza umane sono protagoniste del film in parola, ma anche il destino e il suo compimento, talchè i personaggi potrebbero apparire quasi quali marionette. Le streghe potrebbero infatti simboleggiare il fato ingannatore, ma anche una proiezione delle segrete pulsioni di Macbeth, o entrambi, poiché l’esistenza è governata, in uno, dal caso e dal libero arbitrio. Michael Fassbender e Marion Cotillard danno buonissima prova e giganteggiano sugli altri interpreti comprimari, quali quelli dei personaggi di Banquo, del dignitario Macduff e di Malcom, figlio del defunto re.

La regia sembra la componente più debole. Non appare giustificabile l’innovativa scelta dell’incipit, con il funerale del giovane figlio dell’insana coppia, figura inesistente nell’opera teatrale. In conclusione, il film è più che discreto, non riuscendo però ad essere del tutto all’altezza delle opere cinematografiche già richiamate, ed in particolare di quella del ‘71 di Roman Polanski, quanto meno più definibile in termini di scene macabre e toni cupissimi (era l’anno dell’assassinio della moglie Sharon Tate) e con una eccellente interpretazione di Macbeth da parte di Jon Finch. È però questa una trasposizione, con buona rivisitazione, soprattutto per le interpretazioni principali, quale quella del comandante che si perde dietro la predizione della corona e divenuto re folleggia, da parte del magico Fassbender, pronto a travolgere tutto con intensa violenza, che emoziona solo modulando la propria voce, ed ogni atto, pensiero, azione, azione scellerati dei coniugi maledetti che trasudano il rosso del fuoco e del sangue, che non si riesce a lavar via.

Tosi Siragusa

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