“Segreti di famiglia”, il peso di un’assenza

“Segreti di famiglia”, il peso di un’assenza

Tosi Siragusa

“Segreti di famiglia”, il peso di un’assenza

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mercoledì 20 Luglio 2016 - 22:03

Sulla rotta della decima musa: "Louder Than Bombs" il titolo originale dell'opera mutuato dal disco degli Smiths del 1987. Riflessioni a cura di Tosi Siragusa

Joachim Trier, regista norvegese al suo terzo film,uscito anche sugli schermi messinesi dal 23 giugno, ha girato questa volta a New York con attori di elevato rango, "in primis" Isabelle Huppert, alias Isabelle Reed, personaggio cardine, intriso di mille sfumature e contraddizioni, donna totalmente appassionata al suo lavoro di fotoreporter, ma con forte senso di colpa per le sue assenze dal nucleo familiare, ove vive (nelle esigue sue apparizioni) quasi da estranea: tale sua sofferenza, della quale ne porta forti segni nell'espressione del volto, è muta ed i primi piani (riuscitissimi) la colgono appieno.

Famiglia disfunzionale, ancora, dunque, in quest'opera molto personale, ove il filmaker sembra riprodurre molti clichè della sua visione dell'America o riprendere situazioni del suo vissuto. Il lungometraggio non è facilmente (per fortuna) classificabile, affrontando più tematiche, la paternità di Gene (interpretato da un ottimo Gabriel Byrne) che in uno è anche madre, e quella del figlio Jonah (Jesse Eisenberg) che pare impreparato alla nascita del proprio figlio, i rapporti fra due coppie di coniugi (la moglie di Jonah è interpretata da Amy Ryan) il legame fra fratelli (ove il piccolo, Conrad,è reso da Devin Druid) ma soprattutto l'influenza che una persona morta esercita ancora, determinando le scelte di tutto il nucleo familiare (e non solo). Lo stile del film procede per evocazioni (e irrompono associazioni di idee) non segue certo la logicità delle umane storie, che del resto non sono mai logiche: agli spettatori si richiede uno standard più elevato del consueto per la comprensibilità soprattutto dei pensieri dei personaggi. Centralità occupa anche il rapporto fra le tragedie mondiali e i problemi individuali,con la fotografa di guerra avvezza a riprendere conflitti, stupri, torture, morti, schiavizzazioni, che non è però in grado di tener testa al proprio intimo dolore, che la invade. I mali del nostro tempo, dai quali siamo sempre più raggiunti, non riescono a distoglierci dalle problematiche personali, che restano fagocitanti. Identità e memoria, dunque, nel film, presentato l'anno scorso a Cannes, ove il personaggio di Isabelle, nella sua intensa drammaticità (per quella misteriosa morte per un incidente stradale) anche da defunta rivive in occasione di una mostra newyorkese a lei dedicata, che genera il ritorno a casa di Jonah, dal padre e dal fratello, per la scelta dei materiali sulla madre da far pubblicare, indagando così nella vita di quella donna in buona parte sconosciuta.

Il lutto è vissuto dai due fratelli in modo difforme,con il maggiore che si è imposto una fredda razionalità e Conrad che, al contrario, introita il dolore e si rifugia nella scrittura di un diario, al quale confida il suo profondo malessere. Su tutti troneggia la forza del padre, unico detentore della responsabilità familiare, che è stato peraltro anche un buon marito, riuscendo ad accettare la complessità che da sempre ha albergato in Isabelle. Certo la sceneggiatura è il piatto forte e Eskil Vogt, lo sceneggiatore che ha fin qui affiancato il regista, ha condotto impeccabilmente lo script, determinando un ottimo prodotto cinematografico, che viene voglia di rivedere a più riprese, certi che volta per volta saprà rivelare aspetti inediti. La colonna sonora originale, perfettamente consona, è, anche questa volta, di Ola Flѳttum, passato dalla band The With Birch a questo contributo musicale con estrema naturalezza in questa affascinante raccolta di brani che spaziano fra generi.

Tosi Siragusa

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