Scopriamo le origini delle tradizioni legate al giorno di Santa Lucia, 13 dicembre, in Sicilia
Prima dell’adozione del calendario gregoriano nel 1582 che risolse lo sfasamento fra calendario solare e calendario civile, il 13 Dicembre era il solstizio d’inverno, la notte più lunga dell’anno.
L’antica tradizione mediterranea insegna che la dea Persefone, signora delle stagioni e dell’oltretomba, regna negli inferi con suo marito Plutone durante la stagione fredda e nella stagione calda torna in superficie al fianco di sua madre Demetra (Madre-Terra), portando letteralmente con sé la fertilità; il solstizio quindi è il momento in cui Persefone inizia la sua risalita nella dimensione della vita. Questa credenza è sempre stata ben allacciata alla Sicilia poiché la dea, che nell’età mitica vi dimorava, era la più amata nell’isola e il suo culto a lungo fu officiato dalla potentissima dinastia dei Dinomenidi, Tiranni di Siracusa e Re di Sicilia.
Con l’avvento al potere del Cristianesimo Latino entrò in gioco una martire: Lucia, una giovane cristiana siracusana di ricca famiglia morta durante la persecuzione di Diocleziano dovuta all’infelice ostinazione dei Cristiani a non riconoscere l’autorità divina dell’Imperatore. La ragazza fu presto venerata e santificata dai cristiani siracusani; non fu difficile fare interpretare Persefone alla sua controfigura cristiana nel dramma religioso del solstizio, così Lucia fu proclamata patrona di Siracusa: una santa che porta la luce.
Non è accertato quando fu scelto il 13 Dicembre (già legato a Demetra) per commemorare Santa Lucia ma, forse per una coincidenza, forse perché la religione dei campi segue i ritmi naturali e non i calendari dei dotti, nel 1582 la festa cadeva il 13 proprio sotto il solstizio, e non è mai stata spostata.
Alla santa si attribuisce la fine di ben due carestie a Palermo e a Siracusa e ciò ha dato inizio all’usanza di non consumare derivati della farina di frumento nel giorno della festa per ringraziamento, ma piuttosto ceci o riso nelle pietanze più disparate. Perciò il 13 Dicembre è il giorno dei rustici, i celeberrimi arancini (o arancine!) in ogni varietà e le panelle ricavate dai ceci, ma anche dei dolci come la cuccìa, a base di grano non molato. È il giorno in cui ci si può riunire nella pace e mangiare assieme in vista del periodo natalizio propriamente detto.
Non più il solstizio d’inverno, ma il senso della festa non cambia: la luce nuova si avvicina e nutrirà la sperata prosperità della nuova annata. Porta del Natale e dunque dell’anno nuovo, questa festa è imitata e addirittura magnificata in altre parti del mondo, ma può e deve per noi Siciliani essere una festa nazionale, celebrazione del legame fra il nostro popolo e la candida fanciulla che reca le spighe di grano, che ha molti nomi e una sola essenza.
Daniele Ferrara
Bellissimo articolo , molto interessante , bravi tutti voi di Tempostretto
PARLO DA CATTOLICO ED EX ALLIEVO DI DON BOSCO, QUINDI NON CI DOVREBBERO ESSERE INCOMPRENSIONI NELLE MIE PAROLE. RIGUARDO ALLE DICERIE DA POPOLINO ED IGNORANZA GRAVISSIMA (NON BEATA IGNORANZA) DI “QUANTU FAZZU SANTA LUCIA”, NON MANGIARE PASTA E PANE E’ ALTAMENTE PERICOLOSA. C’E’ OLTRE LA FEDE CRISTIANA LA PREVENZIONE. INIZIARE DALL’ETA’ DI 4 ANNI A FAR CONTROLLARE LA VISTA 2 VOLTE L’ANNO DALL’OCULISTA. ANNI 12/14 I RAGAZZI, SPECIE LE RAGAZZE, DEVONO FARE OBBLIGATORIAMENTE VISITE PARTICOLARI RIGUARDANTI LA MIOPIA LA DISGRAZIATA MALATTIA DELL’ASTIGMATISMO, ANTICAMERA DI MALATTIA CORNEALE GRAVISSIMA., QUALI ESAMI PENTACAM, PRESSIONE OCULARE, OCT, PACHIMETRIA CORNEALE, OLTRE GLI ESAMI DELLA RETINA CHE ORA COLPISCE SOTTO I 40 ANNI. SVEGLIA!.