Pur tra mille contraddizioni e momenti oscuri, teniamoci stretta l'eredità lasciata dagli elettori del 1946 e poi dai padri costituenti
2 giugno 1946-2023: festa della Repubblica. 77 anni della Repubblica italiana. Il 2 giugno 1946 gli uomini e, per la prima volta, le donne sceglievano la Repubblica come forma di governo ed eleggevano i deputati dell’Assemblea costituente. Dopo il ventennio fascista e le pesanti responsabilità della monarchia, circa 30 milioni di aventi diritto al voto ponevano le basi per quella democrazia parlamentare che, pur tra mille contraddizioni, abbiamo conosciuto in questi quasi ottant’anni. Si era reduci da una devastante Seconda guerra mondiale e poi, con l’approvazione della Costituzione italiana, entrata in vigore l’1 gennaio 1948, nasceva davvero una nuova Italia, dalle radici democratiche e antifasciste.
Così, se oggi è giusto celebrare la nostra Repubblica, ciò non significa chiudere gli occhi o tacere rispetto ai tanti elementi oscuri, dalla mafia ai servizi deviati e le tendenze all’eversione e allo stragismo, che hanno inquinato la nostra vita democratica. Se ogni sistema è inevitabilmente imperfetto, il nostro, complice il periodo della guerra fredda e in una fase successiva i tanti elementi d’incompiutezza politico/istituzionale, rimane ancora da innovare in profondità.
Allora celebrare la Repubblica significa battersi ogni giorno perché questa democrazia maturi davvero. Come? Con la lotta alle ingiustizie sociali e al divario tra sud e nord, la parità di diritti e doveri senza alcuna discriminazione, dal colore della pelle agli orientamenti sessuali, conuno Stato sociale che valorizzi sanità e scuola pubbliche. E ancora: con uno Stato che punti al reinserimento dei detenuti e che dimostri il rispetto sacro degli individui in ogni sfera. A questi obiettivi dobbiamo tendere, pur non mancando i giorni, come cantava Giorgio Gaber, in cui non ci sente italiani, anche se “per fortuna o purtroppo” lo siamo.
Abbandonando la rassegnazione, istituzioni, partiti, organizzazioni sociali e sindacali, cittadine e cittadini: tutti dobbiamo puntare a fare progredire, nonostante i tanti passi falsi, questa democrazia. E, come monito, impegno, speranza e progetto, ricordiamo i versi dello scrittore Albert Camus: “(…) Ho compreso, infine, che nel bel mezzo dell’inverno, ho scoperto che vi era in me un’invincibile estate. E che ciò mi rende felice. Perché afferma che non importa quanto duramente il mondo vada contro di me, in me c’è qualcosa di più forte, qualcosa di migliore che mi spinge subito indietro”.
“Un’invincibile estate della democrazia”
Ecco questa “Invincibile estate”, anche nelle notti più buie, alberga in ognuno di noi. E può tracciare la rotta per un futuro democratico dell’Italia e dell’Europa, quell’Europa che ripudia i propri valori quando respinge alle frontiere i migranti, più forte di ogni propaganda. Un futuro democratrico più forte di ogni ingiustizia, di ogni passo falso.
Se la questione meridionale ancora appesantisce il nostro sud, il declino si può sempre bloccare. E, come insegnano i padri costituenti, dalle macerie della storia può nascere qualcosa di fragile ma denso di valori come la nostra Costituzione e la democrazia. Per tutto questo, allora, diciamo “buona festa Repubblica italiana, il meglio deve ancora venire”.