Una corona di fiori presso l'albero Borsellino (vedi video sotto, nella home), poi il dibattito sull'importanza della memoria
Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta (Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina) sono le vittime della Strage di Via d’Amelio, il cui XXV anniversario ricorreva ieri.
Due le iniziative universitarie che si sono susseguite, la prima, promossa come ogni anno dall’Associazione Universitaria “Atreju-La Compagnia degli Studenti” e dal Comitato “XIX luglio”, si è svolta nel piazzale antistante l’Ateneo dove è stata deposta una corona di fiori presso “l’albero Borsellino” , piantato il 19 luglio 2007 – sempre a cura dell’Associazione “Atreju”; si tratta di un albero di ulivo sotto il quale è stato realizzato un piccolo monumento con incisa la celebre frase di Paolo Borsellino sul rapporto tra la gioventù e la mafia: “Se la gioventù le negherà il consenso anche l’onnipotente misteriosa mafia svanirà come un incubo” (VEDI VIDEO SOTTO, NELLA HOME).
A seguire presso la Sala dell’Accademia dei Pericolanti, si è tenuto un incontro sul tema “L’importanza della memoria. Riflessioni a 25 anni dalla strage di via D’Amelio”, organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche. Ospite dell’Ateneo è stato il procuratore della Repubblica di Messina, Maurizio De Lucia, che nel ricordare la figura del Giudice Borsellino, ha detto: ”Questa è una data nella quale per ogni magistrato è doveroso ed importante riflettere sulle stragi mafiose, in particolare, farlo in una sede universitaria, è simbolo di raccordo tra mondo della giustizia e mondo della cultura. Ero un giovanissimo sostituto procuratore di Palermo quando lo conobbi, il 17 luglio dell’anno in cui fu assassinato ed è fondamentale ricordarlo a chi non era ancora nato ma è cresciuto con il loro esempio. Sono state due le caratteristiche della reazione dello Stato alla stragi: coerenza e costanza nell’azione di repressione. Da allora il lavoro della magistratura si regge su 4 pilastri: individuazione e cattura dei latitanti di cosa nostra; isolamento dei capomafia; continuità dell’attività investigativa sul territorio; infine, attacco ai patrimoni delle organizzazioni mafiose. Sicuramente la strada è ancora lunga ma tanto è stato fatto”.
All’incontro erano presenti il rettore, prof. Pietro Navarra, il direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche, prof. Giovanni Moschella, e il direttore del Centro Studi e Ricerche sulla criminalità mafiosa e sui fenomeni di corruzione politico-amministrativa, prof. Luigi Chiara. “Per prima cosa mi preme ringraziare i professori Chiara e Moschella – ha detto il rettore – che, con il loro impegno e la loro passione, sono coloro i quali non hanno fatto mai mancare nel nostro Ateneo momenti di riflessione che aiutano a sconfiggere la criminalità ed il malaffare. L’Università , in questo senso, può contribuire non solo con la formazione ma anche con la valorizzazione del merito perchè un ambiente che promuove i vari concetti che ne sono alla base, favorisce il cambio di mentalità”.
“La funzione dell’Università – ha affermato il prof. Moschella– è quella di dare ai giovani una formazione di alto livello, ma ha anche lo scopo di favorire lo sviluppo, attraverso la capacità di analisi, di una coscienza civile”.
“Da pochi mesi si è concluso il Borsellino quater- ha dichiarato il prof. Chiara– ma rimangono alcuni interrogativi irrisolti così come lo sono ancora i rapporti tra la mafia ed il potere politico-economico, ed è proprio nei giovani che Borsellino individuava la possibilità concreta di un nuovo gruppo dirigente che avesse le risorse necessarie per affermare un nuovo quadro di valori etici e individuali”.