Il vicepresidente del movimento Sergi: impariamo a votare, la libertà di scegliere è l'unico modo efficace per ottenere dei risultati concreti
Difficile assicurarsi un minimo d’etica nell’agire politico. In un’articolata nota diffusa alla stampa, il vicepresidente del movimento Ethos Giovanni Sergi invita alla riflessione (e all’azione).
«In questo periodo di pandemia, sempre più frequentemente arrivano notizie di vaccinazioni effettuate su persone che non appartengono ad alcuna categoria a rischio o fragile, sempre più frequentemente veniamo a conoscenza – si legge – delle inefficienze che accompagnano la campagna vaccinale, a Reggio e in tutta la Calabria, ai già noti e tristi primati che riguardano: l’insopportabile carico della fiscalità locale, la mancanza di un efficiente servizio idrico e di una vergognosa e quasi insostenibile mancanza di una raccolta organizzata e puntuale dei rifiuti solidi urbani, del mancato adeguamento delle strutture sanitarie alla straordinarietà della pandemia covid e a tutto il corollario di inefficienze e deficienze del nostro territorio si aggiunge anche questa ulteriore vergogna che travolge tutte le nostre già provate coscienze. E chi dovrebbe decidere ed intervenire non solo non lo fa, ma ci chiede anche di pazientare. Il potere, quello becero e vigliacco che decide di non decidere, che ti batte amichevolmente una pacca sulle spalle e ti guarda con compassione: perché tu non capisci, tu non sai quanto loro stanno lavorando e soffrendo per te, tu sai solo lamentarti, ha reso l’etica impossibile e classista».
Consequenziale la riflessione sul significato stesso del vocabolo “etica” nella dimensione sociopolitica, inteso quale «modo di agire e di comportarsi, che suggerisce a tutti noi quanto sia giusto e necessario aspettare il proprio turno per vaccinarsi, che suggerisce di pagare le tasse, che ti spinge a non raccomandare amici e parenti, che ti implora a non appropriarsi del denaro pubblico, che cerca di farti capire che se ci si salva, ci si salva tutti partendo dall’ultimo, è diventata ormai e inevitabilmente: l’etica di chi se lo può permettere, l’etica dei ricchi. Per chi ricco o benestante non è, vige l’etica dell’adattarsi, non per scelta ma per necessità, perché è facile dissertare a stomaco pieno, tutt’altro conto è combattere giornalmente per poter soddisfare i propri bisogni primari. E così, stretti tra ragione e bisogno, la nostra società civile si avviluppa come un serpente che divora se stesso, più ci “arrangiamo” e più veniamo sfruttati, più ci ribelliamo e più veniamo derisi. Quindi non serve più un’etica dell’oratoria, ma un’etica dell’esempio, vissuta alla luce di quel che ognuno di noi può fare. Impariamo a ribellarci, con sistemi democratici e non violenti, incominciamo a chiedere conto dei soldi arrivati e non spesi, incominciamo a chiedere conto dei servizi pagati e non erogati, incominciamo a domandarci come mai personaggi, noti ai più, continuino imperituri a bazzicare i luoghi della politica, impariamo a votare, perché questo è l’unico modo efficace per ottenere dei risultati concreti, l’unico modo per “mandarli a casa” risiede nella libertà di scegliere noi loro e non loro per noi».