A causare la frana del 2015 sarebbe stato il convoglio di acque bianche sversate illegalmente nel pendio al di sopra del tratto autostradale, sia da parte dell’albergo che delle case finite stamani sotto sequestro.
Disastro ambientale e falsità ideologica. Sono pesantissime le accuse per le 10 persone raggiunte questa mattina dagli avvisi di garanzia emessi dalla Procura di Messina per la frana che, lo scorso 5 ottobre 2015, ha interessato un ampio tratto dell’autostrada A18 Messina-Catania, esattamente nel comune di Letojanni. Si tratta di sei tra amministratori e proprietari di un complesso alberghiero e di alcune abitazioni estive di Contrada Sillemi Alta, stamani finite sotto sequestro, di due dirigenti del Consorzio Autostrade Siciliane di Messina, del Sindaco del Comune di Letojanni e del Capo Ufficio Tecnico dello stesso Comune. Per ognuno di loro esistono delle colpe e delle negligenze specifiche che il procuratore aggiunto Giovannella Scaminaci ha individuato grazie alle minuziose indagini condotte dai militari dell’Arma della Compagnia di Messina in sinergia con i colleghi del Nucleo Operativo Ecologico di Catania.
Secondo quanto emerso, a causare la frana del 2015 sarebbe stato il convoglio di acque bianche sversate illegalmente nel pendio al di sopra del tratto autostradale, sia da parte dell’albergo che delle case finite stamani sotto sequestro. Secondo le accuse nessuno degli indagati, infatti, avrebbe eseguito i lavori di regimentazione che avrebbero evitato l’accumulo delle acque e, di conseguenza, il movimento franoso. Ai due dirigenti del CAS viene inoltre contestato il fatto che, sebbene fossero destinatari delle prescrizioni del Pai (Piano Assetto Idrogeologico), avrebbero omesso di attuare gli interventi adeguati per la messa in sicurezza delle corsie della A18 Messina-Catania. A finire sotto accusa anche il Sindaco ed il Capo Ufficio Tecnico del Comune di Letojanni che avrebbero invece approvato il progetto di messa in sicurezza dell’area di Contrada Sillemi senza che vi fossero i nulla-osta da parte degli organi tecnici. I due, inoltre, avrebbero omesso di eseguire i controlli su quei lavori di regimentazione mai effettuati.
LA CAUSA DELLA FRANA. Lo smottamento franoso del 5 ottobre 2015 sarebbe stato causato da una serie di omissioni da parte di chi era tenuto ad effettuare lavori di smaltimento delle acque bianche e da parte di chi doveva controllare che questi lavori venissero portati a termine. Interventi che erano già stati indicati nel Piano Assetto Idreogeologico (Pai) del 2013, redatto appositamente per la pericolosità di una zona qualificata come “area a rischio dissesto e erosione accelerata”. L’intera situazione era stata già aggravata negli anni ’70 e ’80 quando l’area era stata oggetto di uno sbancamento per la realizzazione di palazzine e case, tra cui alcune proprio adiacenti al pendio che sovrasta l’autostrada Messina-Catania, la cui pendenza è del 75%. Effettuare quegli interventi indicati dal Pai, sottolinea la Procura nel muovere le accuse, avrebbe significato evitare la frana ed il disastro, eppure né il Comune né i proprietari né gli amministratori dei due complessi vacanzieri e delle tre palazzine costruite se ne sarebbero mai interessati. Allo stesso modo il Cas, che aveva comunque realizzato il muro di contenimento del materiale terroso, più volte franato, non avrebbe mai messo in atto interventi per mettere in sicurezza definitivamente la zona.
LE ACCUSE. Disastro ambientale e falsità ideologica commessa da Pubblico Ufficiale in atti pubblici sono le accuse che la magistratura muove ai 10 indagati. La frana del 2008, infatti, determinò uno smottamento di circa 3mila metri cubi di materiale terroso e massi che, solo per puro caso, non investì macchine in transito. Un disastro che avrebbe anche potuto interessare sia la Strada Statale 113 che la ferrovia che abitazioni private che sorgono nelle immediate vicinanze.
LE DICHIARAZIONI. "Garantire il rispetto per l'ambiente non è solo una forma di tutela della salute delle persone dai rischi di inquinamento delle risorse naturali, ma costituisce anche una salvaguardia della loro incolumità a fronte dei pericoli che scaturiscono dal dissesto idrogeologico del territorio", ha sottolineato il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Messina, Colonnello Iacopo Mannucci Benincasa. "Quanto accertato dalle indagini – ha continuato – dimostra infatti come un piano che non rispetta le norme sulla regimentazione delle acque, possa mettere seriamente a rischio la vita degli abitanti di una certa zona e degli automobilisti che transitano su un autostrada. L'impegno dell’Arma in questo settore, da anni garantito dai militari del N.O.E., è destinato a intensificarsi ulteriormente, con l’imminente assorbimento del Corpo Forestale dello Stato e la creazione di un apposito comparto, con funzioni di tutela forestale, ambientale e agroalimentare
Ci apprestiamo a veder nascere la più grande e importante Polizia per l’ambiente in Europa”.
(Veronica Crocitti)
Ultimo aggiornamento ore 13
Tra un po di anni la stessa catastrofe sarà sulla circonvallazione ,viale Italia ,viale P.Umberto,Regina Margherita e regina Elena
hanno autorizzato a costruire al di sotto dei muri e facendo per pochi intimi il panoramache i cittadini godevano una volta.Se venisse Sgarbi a vedere questo scempio non smetterebbe ma di dire a chi ha autorizzato queste costruzione CAPRE CAPRE CAPRE…………
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