Entusiasmante tappa messinese per uno dei più noti pianisti italiani. Impeccabile l'esecuzione della marcia funebre di Chopin
Il pianista Andrea Padova, già esibitosi il 27 gennaio insieme alla violista Mariko Hara in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria, è stato ancora protagonista come solista al Palacultura, in una splendida esecuzione di brani di Mozart e Chopin. Nella prima parte del concerto Padova ha eseguito due sonate per pianoforte di Mozart, la n.4 K 282 e la n. 8 K 311. La prima di queste sonate composta all’età di 18 anni a Salisburgo, fa parte delle sei sonate composte da Mozart in procinto di andare a Monaco, per eseguirle dinanzi al pubblico della città tedesca. Sono sonate che se pur riflettono lo stile galante imperante all’epoca, tuttavia, come sempre accade in Mozart, lasciano intravedere qua e là ombre di quella velata malinconia, tipica del compositore austriaco, anche laddove trionfa l’allegria e la brillantezza.
In particolare la K 282 si distingue per il primo movimento, un Adagio al posto del consueto allegro, con un incipit dolcemente tenero, tema incantevole inconfondibilmente mozartiano, mentre gli altri due movimenti, Minuetto I e II e Allegro, risultano più convenzionali. La sonata K 311 fu composta invece all’età di 21 anni (1777) a Mannheim, durante la frequentazione di Mozart degli strumentisti dell’orchestra della cittadina tedesca (una delle migliori dell’epoca), che accolsero Mozart molto calorosamente al suo arrivo. La sonata, già molto più matura della precedente, si distingue in particolare per il terzo movimento, un Rondeau ricco di temi, brioso e pieno di ritmo, ma anche con velature malinconiche che lo rendono affascinante. Anche gli altri due movimenti – il primo Allegro con spirito, ed il secondo Andantino con espressione, risultano di gran lunga superiori a tutte le analoghe composizioni pianistiche di quel tempo. Entrambe le sonate risentono ovviamente dell’influenza di Joseph Haydn. Andrea Padova ha eseguito le due sonate in maniera impeccabile, accentuando forse i lati più “romantici” delle sonate, con abbondante uso del pedale, insomma una esecuzione molto “pianistica” nel senso moderno del termine.
La seconda parte del concerto è stata dedicata a Fryderyk Chopin. Padova ha dapprima eseguito due mazurke, la prima e la quarta dell’op. 33. La mazurka è una danza popolare, caratterizzata da un ritmo ternario, che ebbe origine in Polonia già nel ‘500 e si diffuse poi in tutta Europa. Il fatto che Chopin ne compose ben cinquantasette ci fa capire quanto il musicista polacco fosse legato alla sua terra. Le mazurke di Chopin sono caratterizzate alcune dall’elemento ritmico e da una impronta briosa e vivace, altre da una mesta e struggente malinconia, pur mantenendo il ritmo ternario. Fanno parte di quest’ultima categoria le Mazurke eseguite, (curiosamente la prima è una delle più brevi mentre l’altra è una delle più lunghe composte da Chopin). La profonda tristezza che ispira le due composizioni è dovuta alla dolorosa fine del fidanzamento di Fryderyk Chopin con Maria Wodzinska. Di tali composizioni Liszt scrisse che “nascondono la loro profondità sotto tanta grazia”. Infine Padova ha eseguito la sonata n. 2 op. 35 di Chopin, che contiene al terzo movimento la celeberrima marcia funebre, forse il brano più conosciuto del musicista polacco. La sonata è articolata in quattro movimenti composti in periodi differenti, e poi riuniti dal compositore per formare la sonata. La marcia funebre fu composta per prima (nel 1837, anch’essa in seguito alla rottura del fidanzamento con Maria Wodzinska) e costituisce senza ombra di dubbio il fulcro ed il centro gravitazionale di tutta la sonata. Il primo movimento – Grave. Doppio movimento – si articola in due temi principali, uno inquieto e nervoso, l’altro dolce ed elegiaco, un tipico tema chopiniano. Anche lo Scherzo presenta un tema più aspro ed un altro più dolce, in forma di valzer. Il terzo movimento, appunto la Marcia funebre. Lento, inizia con un tema mesto e desolato, a ritmo di marcia lenta e ostinata; segue il trio, un tema dolcissimo e struggente, quasi a voler evocare i ricordi della vita passata, uno dei temi più disperati usciti dalla penna di Chopin; infine ritorna la marcia lenta a concludere il pezzo ove il sentimento della morte prevale su tutto. Il compositore Henri Reber orchestrò la marcia funebre per il funerale di Chopin alla chiesa Madeleine di Parigi, e tale brano fu eseguito in quell’occasione insieme ad altri (fra cui il Requiem di Mozart). Il quarto movimento – Finale. Presto – è un brano atematico, un vero studio di agilità parallela a due mani, che Belotti definì “disfacimento di ogni passione”. Scrisse Wilhelm von Lenz sul trio della marcia funebre “è la pietra di paragone mediante la quale si può capire se l’esecutore è un poeta o soltanto un pianista, se sa parlare o semplicemente far suonare un pianoforte”. Tale affermazione è perfettamente calzante per il nostro Andrea Padova, sicuramente un poeta oltre che un pianista (infatti è anche compositore). La sua esecuzione è stata ad un tempo sobria e toccante, facendo un uso mirabile del “rubato” chopiniano, e catturando l’attenzione del folto pubblico, in religioso silenzio durante l’esecuzione della marcia funebre, pubblico che ha apprezzato moltissimo la performance del pianista, tanto che lo stesso è stato costretto a concedere ben tre bis.
È veramente difficile eseguire un bis dopo aver affrontato un pezzo così carico di tensione, da lasciare senza fiato, come la marcia funebre. Come ci narra Legouv, Chopin, invitato a suonare nei vari salotti che frequentava, si prodigava con piacere, ma quando eseguiva la marcia funebre, subito dopo prendeva il cappello e se ne andava “questo pezzo gli faceva troppo male…”. Anche Andrea Padova, interloquendo con il pubblico, ha rappresentato tale difficoltà, ed ha deciso di eseguire tre pezzi “leggeri”: il gradevole Valse d’oubliee n. 1 di Franz Liszt, una sonata di Domenico Scarlatti, ed una breve e affascinante composizione dello stesso Padova, dal titolo “Aloneness”. Nonostante la leggerezza dei brani, Andrea Padova è stato entusiasmante soprattutto nell’esecuzione della sonata di Scarlatti, tecnicamente non certo facile, eseguita alla perfezione.
Giovanni Franciò