Sono tre egiziani e un cingalese, riconosciuti dai migranti sbarcati dalla Diciotti e trasferiti a Messina nell'hotspot di Bisconte. Nel provvedimento del giudice, il racconto dell'orrore nei campi di raccolta libici e della traversata.
Rimangono dietro le sbarre del carcere di Gazzi i quattro scafisti fermati dalla Polizia una volta sbarcati dalla Diciotti, la nave della Guardia Costiera che la notte del 16 agosto ha salvato quasi 200 migranti nel Mediterraneo.
Il Gip Tiziana Leanza, dopo averli interrogati, ha emesso ordinanza in carcere per tre egiziani e un cingalese, che hanno tra i 23 e 39 anni. Sono accusati di associazione finalizzata alla tratta di persone, violenza sessuale, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e procurato ingresso illecito. Secondo il Giudice fanno parte dell’organizzazione di Abdisalem, che gestisce i campi sulle coste libiche dove i migranti vengono raccolti e rinchiusi anche per mesi, prima della traversata.
Contro di loro ci sono i racconti degli altri migranti sbarcati dalla Diciotti. Nel provvedimento, il giudice riporta in parte le loro dichiarazioni, tristemente simili a quelle di tutti gli altri migranti soccorsi nel canale di Sicilia, che raccontano di un viaggio della speranza pagato tra i 2 mila e le 4 mila euro a testa, su barconi di legno o gommoni di fortuna. Un viaggio proceduto dalla permanenza nei campi di tortura nei pressi di Bine Walid.
I migranti, soprattutto eritrei, hanno raccontato agli uomini della Squadra Mobile di aver visto il capitano, prima della traversata, parlare con i torturatori, sulle coste libiche. Poi tre uomini, egiziani o turchi, di carnagione più chiara rispetto al resto degli imbarcati, entrare ed uscire dalla cabina del capitano durante la traversata.
Alcuni di loro parlavano al telefono con gli organizzatori del viaggio, per informarli costantemente. Uno di loro, raccontano i testimoni, ad un certo punto della traversata ha gettato in acqua la bussola.