E' innocente e ad accusarlo è stata la ex durante la fase di separazione. L'ennesima storia di figli usati come strumenti di vendetta
La donna che ha amato e che lo ha reso padre è la stessa che lo ha denunciato del reato più infamante. Lui, innocente, è stato accusato di essere un mostro, nell’ambito di una battaglia per l’affido della bambina. Le accuse si sono rivelate infondate, il caso è stato archiviato, ma nel frattempo per 5 mesi le è stato vietato di vedere e contattare la figlia e per altri 10 mesi, l’ha potuta vedere solo 1 ora a settimana, in incontri protetti alla presenza delle assistenti sociali.
La storia di T. è uguale a quella di tanti altri padri in Italia, accusati di violenza sessuale nei confronti di figli che vengono usati dalle ex compagne come strumenti di vendetta.
La storia di T. inizia come tutte le altre con una relazione e prosegue con la nascita di una bambina. La felicità è brevissima, perché lui quella neonata la vedrà pochissimo. La gioia di essere padre si scontrerà ben presto con le difficoltà nel veder crescere la sua bimba. I due infatti si separano subito, poco dopo la nascita della figlia e sin da quel momento, in attesa di concordare le modalità dell’affido attraverso un tribunale, si cerca un accordo informale. Lui paga il mantenimento della piccola ma le difficoltà sono nel riuscire a trascorrere tempo con lei.
“Per tutto il primo anno di vita di mia figlia si può dire che non sono riuscito a vederla, perché la mia ex spariva per mesi portandola anche sé- racconta- Anche fuori città e senza avvisarmi. Alla fine sono stato costretto a chiedere l’intervento di un avvocato per farla rientrare”.
I litigi tra i due ex sono legati al tempo che l’uomo vorrebbe trascorrere con la figlia ma che a causa del comportamento della donna sono saltuari e mai prolungati.
Di fatto il primo anno della bimba lo trascorre senza quasi conoscere il padre ed anche quelli successivi sono un continuo scontro sui tempi e la paura maggiore di T. è quella di perdere il legame con lei.
Ma il peggio deve ancora venire.
Stringendo i denti lui prova a costruire un rapporto con la piccola, utilizzando ogni “brandello” di tempo che gli viene concesso. Ma nell’estate del 2017 avviene il peggio. Quando si reca per l’ennesima volta a chiedere di poter vedere la figlia ancora non lo sa, ma la sua vita sta per essere devastata. Lo scoprirà poche settimane dopo quando gli sarà impedito di rivederla e scoprirà dalle forze dell’ordine di essere stato denunciato dalla sua ex per violenza sessuale nei confronti della bambina.
La peggiore delle accuse per un uomo e per un padre. T. è una persona perbene, un gran lavoratore, onesto, ben voluto da tutti. Si è fatto avanti da solo nella vita, ha lavorato sodo e non ha mai neanche immaginato che una simile tempesta potesse abbattersi sul suo capo. Da quel momento, come prevede la prassi, per consentire l’indagine, gli sarà impedito ogni forma di contatto con la bimba, si vedrà perquisire la casa, interrogare. E’ innocente ed affronta tutto a testa alta.
“Sono stato accusato ingiustamente, sono stati 5 mesi d’inferno perché mia figlia mi cercava, non sapeva il motivo della mia scomparsa. Addirittura la mia ex le ha inventato una motivazione. E’ stata un’accusa infamante, non dormivo la notte. Sono innocente e lo hanno dimostrato ben 5 prove del DNA, non una, ma 5. Anche la visita ginecologica e la perizia su mia figlia hanno chiarito che io non le ho mai fatto assolutamente nulla”.
A dicembre le analisi dei Ris sono la prova che lui non ha abusato della bimba. Ma dovrà attendere altri due mesi, oltre ai 3 già trascorsi, prima di ottenere un secondo provvedimento del giudice. In quei mesi ha dovuto convivere con l’accusa di essere un mostro, col timore che la figlia non volesse più vederlo.
Nei primi mesi del 2018 arriva il secondo provvedimento del giudice che, alla luce dell’esito delle perizie, modifica, ma solo in parte, i precedenti divieti, nell’attesa della conclusione dell’inchiesta. T. potrà rivedere la figlia ma solo un’ora a settimana e con incontri protetti. Sarà così per 10 mesi fino all’archiviazione delle accuse, dalle quali è completamente scagionato.
In totale l’incubo durerà un anno e mezzo.
“Ad ogni incontro cercavo di fare di tutto per renderlo bello, anche se c’erano le assistenti sociali, le portavo giocattoli, cercavo di farle capire che le voglio bene, che sono suo padre e non la lascerò mai. Sua madre ha fatto tutto questo pur di non farmela vedere, per privarmi dei miei diritti di padre. Sono sempre stato corretto, ho provveduto al mantenimento, chiedevo solo del tempo con mia figlia”.
In quei mesi T. ha scoperto di più. La foto della sua bambina è apparsa in occasione di un incontro sugli abusi sui minori. Tutto questo mentre l’inchiesta era ancora in corso e già gli accertamenti scientifici avevano dato esito negativo. L’immagine è stata poi rimossa dopo le sue legittime proteste.
Nel gennaio 2019, un anno e mezzo dopo la denuncia, l’incubo finisce, il giudice archivia il caso. T. può vedere sua figlia in attesa che il Tribunale stabilisca le modalità dell’affido. Ma nonostante tutto, proprio perché in tutti questi anni non c’è mai stato un provvedimento che regolasse i tempi di visita, T. continua a incontrare difficoltà e rinvii. La bambina inoltre dopo i lunghissimi periodi senza vedere il padre e il periodo di incontri protetti, quindi in un luogo estraneo ed alla presenza sempre di terze persone, ne ha psicologicamente risentito.
“In uno degli incontri protetti le ho chiesto di scrivere se aveva un desiderio. Lei ha scritto che voleva solo trascorrere una notte nella cameretta che gli ho fatto nella mia casa, portare lì i suoi giocattoli, giocare con i cuccioli di casa. Insomma, una vita normale”
In questa ennesima storia di amori che finiscono il danno non viene fatto solo all’ex compagno, ma ad una minore, usata come arma, che avrà trascorso gli anni più belli, quell’infanzia, nel più doloroso dei modi. Nessuno potrà restituire ad un padre ed alla figlia il tempo perduto. Il danno, quando si mente, quando si accusa falsamente, lo si fa infine anche alle altre donne che denunciano casi reali di abusi e di violenze sui figli.
Rosaria Brancato
Giustissimo difendere le donne dalla violenza fisica degli uomini. Ma chi difende gli uomini dalla violenza psicologica delle donne? Ovviamente é piú difficile condurre le indagini , ma non si dovrebbero punire le colpevoli con altrettanta severità?
Mi ricorda molto, il film “Kramer contro Kramer”. E poi, mi fa ricordare un luogo a me molto caro, Palazzo Piacentini, qui a Messina, sede tribunalizia. In proposito, mi sovviene uno dei detti scolpiti su detto edificio : ” IN MULTILOQUIO NON DEERIT PECCATUM”. Frase, questa, molto significativa e performante. All’ Università, a lezione il nostro professore di Medicina Legale e delle Assicurazioni, ci spiegava che “la verità processuale si forma durante il procedimento dibattimentale” : ovvero è colà che il Giudice di merito, si forma il convincimento per poter poi deliberare ed emanare il dispositivo della sentenza relativa. Termino con una opportuna domanda : “dove sta qui, la verità ? Concludo : e meno male che da noi ci stanno tre gradi di giudizio..
Uno dei tanti casi di spregevole calunnia a danno del povero padre. I bambini usati come arma contro il coniuge, a costo (una certezza) che gli stessi subiscano per il resto della vita quel clima strano, fatto di odio, allontanamenti dalla figura paterna, domande continue di persone estranee. Una madre che infanga un innocente mettendo a repentaglio la sua dignità, la sua immagine, la sua salute, oltre ai danni psichici indotti nel/la bambino/a, è una pessima persona e una madre indegna di svolgere il suo ruolo genitoriale. Spero tanto, quindi, che la donna venga processata per calunnia (e lo sarà), condannata, chiamata a rifondere il danno esistenziale e biologico inferti al marito e, soprattutto, che venga privata della potestà genitoriale. Si parla tanto di femminicidi, ma non ci si chiede mai quali drammi immani ci siano, a volte, dietro come cause scatenanti.