L’Associazione Italiana Attività Musicali (AIAM), dopo aver diffuso, con numerose adesioni, una petizione dal titolo “APPELLO PER LA RIPRESA DELLA MUSICA DAL VIVO”, ha di recente intrapreso una nuova campagna nazionale: “ABBONATO ABBANDONATO” con cui si chiede almeno “una data per programmare la ripartenza della Musica dal vivo”. L’Associazione invita gli appassionati, abbonati alle varie stagioni concertistiche in Italia, ad inviare un breve video, per esprimere, dopo essersi presentati, le proprie considerazioni sul bisogno di assistere ai concerti dal vivo. I video verranno condivisi nel sito dell’Associazione e nei siti delle Associazioni musicali alle quali si è abbonati. Facendo io parte del direttivo di una Associazione musicale messinese, e non essendo comunque un abbonato, in quanto assisto ai concerti in qualità di giornalista accreditato, non invierò un mio video, ma, qualora lo avessi fatto, avrei espresso le considerazioni che seguono:
“Il 18 ottobre del 2020, dopo un triste e prolungato digiuno musicale, riaprivano i teatri e le sale da concerto a Messina, con uno straordinario concerto che omaggiava, tra l’altro, il 250° anniversario della nascita di Beethoven, grazie ad una eccellente esecuzione del Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 “Imperatore”, nell’ambito della stagione concertistica della Filarmonica Laudamo; seguivano altri due concerti, sempre ad ottobre, a cura sia della Filarmonica Laudamo che delle Associazioni Musicali Riunite Accademia Filarmonica – V. Bellini.
Certo erano stati presi diversi accorgimenti: distanziamento, mascherine obbligatorie, posti contingentati (massimo 200 spettatori in sala), due turni, durata dei concerti ridotta (un’ora).
Eppure grande era la gioia di poter finalmente assistere alla musica dal vivo, dopo mesi di artificioso streaming.
Gli abbonati avevano capito gli ingenti sforzi sostenuti dalle storiche Associazioni musicali messinesi, volte a rispettare tutte le prescrizioni anti Covid, e si erano presentati numerosi all’agognato appuntamento. La musica dal vivo ripartiva, ritornava ad allietare nuovamente il nostro spirito, vero balsamo per l’anima, in tempi così tristi e stranianti.
I concerti rappresentati inoltre erano stati anche di notevole valenza artistica: con pianisti del calibro di Bertrand Chamayou, Bruno Canino, o lo straordinario violinista Sergej Krilov, concerti dei quali si serba ormai uno sbiadito ricordo dolceamaro.
Poi di nuovo la chiusura di cinema e teatri, la soppressione della vita culturale nel nostro paese.
A niente erano serviti gli sforzi fatti dalle Associazioni musicali, vano e frustrato l’entusiasmo degli appassionati.
Sono nel frattempo passati mesi, la pandemia cresce, decresce; i negozi chiudono, riaprono; i bar e i ristoranti chiusi o aperti per l’asporto; nelle regioni più fortunate (ora la maggior parte, ma non la Sicilia) si può anche pranzare fuori, e perfino visitare un museo. Ma delle sale concertistiche, dei teatri, dei cinema, non se ne parla quasi più, caduti in una sorta di limbo, una mesta (ma per quanto mi riguarda insopportabile) rassegnazione.
Eppure non mi sono mai sentito più al sicuro dal pericolo di contagio che in quei pochi pomeriggi autunnali passati ad assistere ai concerti: distanziamento rigidamente rispettato, sia all’ingresso – in ordinate e distanziate file, con misurazione della temperatura – che in sala – garantendo un distanziamento assoluto fra uno spettatore e l’altro, sia nella stessa fila che fra le file anteriori e posteriori mascherina indossata obbligatoriamente per tutta la durata del concerto – .
La stessa sicurezza non l’ho certamente avvertita nelle strade dello shopping con i negozi aperti (per carità!), ma neanche in quei forzati assembramenti che si creano all’ingresso delle banche o delle poste.
Rimane un mistero (o forse no?) che il prezzo più elevato della pandemia lo debbano continuare a pagare i teatri, i cinema, insomma la rappresentazione della cultura e dell’arte.
Lo streaming, e anche la televisione, hanno provato in questi mesi a supplire all’assenza della musica dal vivo, con la trasmissione di numerosi spettacoli, senz’altro di pregio, che gli appassionati avranno senz’altro apprezzato. Vedere in televisione il concerto di Capodanno da Venezia, ove gli applausi ai cantanti da parte dei musicisti supplivano a quelli del pubblico assente,
o il Concerto di Capodanno da Vienna, con le poltrone della splendida Musikverein desolatamente vuote, e il quasi commovente discorso augurale di Riccardo Muti, sono state immagini che ci hanno certamente riavvicinato alla musica, facendocela amare ancora di più, se possibile. Ma assistere al tradizionale bis del concerto viennese, la marcia di Radetzky, mai stata così triste, senza il tradizionale accompagnamento ritmico del battito delle mani di tutti gli spettatori in sala, per quanto susciti sempre una forte emozione, ci ha fatto ancor di più rimpiangere la simbiosi indissolubile che si crea fra il pubblico e l’artista nei concerti dal vivo, adesso solo ricordati, quasi un paradiso perduto.
Una società senza la musica, senza il teatro, senza il cinema, senza le rappresentazioni culturali, , è una società morente.
Riaprite i teatri, le sale da concerto, i cinema, tutti i luoghi ove si rappresenti l’arte e la cultura, dissipate questa coltre di nebbia che ormai da troppo tempo inaridisce le nostre esistenze. Ciò non arrecherà alcun nocumento alla salute del corpo – non vi sarà un solo contagiato in più – ma apporterà un immenso giovamento alla salute dello spirito, anch’essa pericolosamente messa a dura prova da questi tristi tempi.