Dopo "Fuocoammare", da Lampedusa la toccante testimonianza di Pietro Bartolo

Dopo “Fuocoammare”, da Lampedusa la toccante testimonianza di Pietro Bartolo

Dopo “Fuocoammare”, da Lampedusa la toccante testimonianza di Pietro Bartolo

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giovedì 18 Gennaio 2018 - 11:55

L’Aula Magna d’Ateneo ha ospitato l'incontro “Lampedusa porta d’Europa”, in cui è intervenuto ilPietro Bartolo, Direttore del Presidio Sanitario e Poliambulatorio di Lampedusa e protagonista del celebrato docufilm “Fuocoammare” che ha raccontato la tragedia del Mediterraneo e la realtà dell’isola di frontiera.

Il Direttore del Presidio Sanitario e Poliambulatorio di Lampedusa Pietro Bartolo, protagonista del celebrato docufilm “Fuocoammare” ha portato oggi la sua testimonianza diretta sulla tragedia del Mediterraneo e la realtà dell’isola di frontiera all’Università di Messina.

“Ho accettato l’invito dell’Università di Messina, che ringrazio enormemente – ha detto il dott. Bartolo con voce rotta dall’emozione – soprattutto grazie alla assicurata presenza dei giovani, che sono il presente, ma, in particolare, il nostro futuro. Saranno loro che dovranno dare le risposte per un mondo più umano, rispettoso del diritto alla vita. Il Mediterraneo è un mare ricco e florido che ci permette di continuare a crescere e prosperare, non possiamo e non dobbiamo permettere che continui ad essere un luogo di morte. Spesso sento fare distinzioni, fra rifugiati, richiedenti asilo, migranti economici, ma che differenza fa morire di guerra o di fame. Chi decide di abbandonare il proprio Paese, lo fa perché vive dalla parte più sfortunata dell’orizzonte. Il motivo siamo noi tutti, che abbiamo la fortuna di vivere dall’altro lato e adesso abbiamo il dovere di accettarli, accoglierli e integrarli. Il mio primo sbarco avvenne 27 anni fa, giunsero tre persone di colore e per me era una novità assoluta. Lampedusa è una piccola zattera sulla rotta migratoria e, oggi, ho il record di visite mediche ed ispezioni cadaveriche nel mondo. Mi vergogno di tutto questo e ne farei a meno. I loro viaggi possono durare anche anni e tutte le donne vengono violentate. E’ una mattanza, che definisco ‘nuovo olocausto’, che ogni anno provoca moltissime vittime. In questi anni sono cambiate le etnie, le modalità di sbarco, i mezzi di trasporto, le cure e le patologie. Da 3 ottobre 2013, la data della grande strage di Lampedusa che ha causato 368 vittime, è emersa una nuova patologia, la cosiddetta ‘malattia dei gommoni’ che colpisce principalmente le donne. Si tratta di ustioni chimiche da contatto di rilevante entità. Da quel fatidico giorno l’Italia ha detto basta ed ha messo in campo il Progetto Mare Nostrum, inviando le proprie navi in mare aperto. Questa operazione di grande civiltà ha consentito, però, agli scafisti di fare bingo. Hanno smesso di utilizzare i pescherecci che, in realtà, sono tutto tranne che carrette del mare, affidandosi a canotti mono-stadio senza chiglia, riempiti fino all’orlo. Fino a due anni fa nessuno o quasi si occupava di queste vicende: le tv hanno poco tempo e, forse, io stesso non comunicavo nel modo giusto. Poi finalmente ho trovato la voce, grazie a Gianfranco Rosi e a ‘Fuocoammare’. Quando lui arrivò sull’isola, il centro era da poco andato a fuoco e dunque non vi erano migranti. L’ho pregato di restare dandogli una pen drive arancione contenente tutti gli orrori che i miei occhi hanno visto. Decise di fare il film e fu un successo. A me non importa dei premi e ne sono felice esclusivamente per lui, ma il mio desiderio è quello di far conoscere ciò che accade. Dopo ‘Fuocoammare’ ho capito che la cultura era il giusto metodo e ho proseguito con mostre e libri come ‘Lacrime di sale’. Molti personaggi con responsabilità e molte nazioni voltano le spalle a questa cruda realtà, ma non l’Italia che è campione di accoglienza”.

Al dibattito, introdotto e moderato dal prof. Mario Bolognari, Direttore del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne (DiCAM), hanno partecipato Emanuele Scribano, Prorettore Vicario, Carmelo Marino, già Presidente della Corte d’Appello di Ancona, Vincenzo Ciraolo, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina e Caterina Mangano, Presidente della Sezione Distrettuale dell’Associazione Nazionale Magistrati.

Contestualmente a Messina, nell’anno appena trascorso sono state 1068 le istanze per le richieste di tutela dei minori non accompagnati; l’84% dei giovani sbarcati in città ha una età pari o maggiore ai 16 anni; sono stati 218 coloro i quali sono stati accolti nella rete Sprar e 18 sono stati i procedimenti avviati nei confronti di scafisti per un totale di 36 indagati. L’avvocatura messinese ha avviato ial ‘Progetto Lampedusa’ inviando giovani avvocati sull’isola per offrire sostegno legale e difendere l’etica pubblica. L’Ateneo si è dotato del CEMI (Centro per la migrazione, l’integrazione sociale e la comunicazione interculturale) attraendo alcuni finanziamenti di bandi europei nell’ottica nell’ottica di un rafforzamento dell’impegno dell’Università finalizzato all’integrazione ed al progresso del sistema sociale.

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