Alla furca! – Intensa e ponderata prova d’attore sulla immutabilità delle leggi del potere

Alla furca! – Intensa e ponderata prova d’attore sulla immutabilità delle leggi del potere

Tosi Siragusa

Alla furca! – Intensa e ponderata prova d’attore sulla immutabilità delle leggi del potere

giovedì 08 Luglio 2021 - 07:01

Liberamente tratto da “Il Pataffio” tragicomico romanzo di Luigi Malerba, già in prima pubblicazione nel 1978 e ripubblicato da Quodlibet nella collana “Compagnia extra”, ambientato in un grottesco medio evo ove imperano fame e carestie, un tempo buio: il sostantivo dell’intitolazione del testo è indicativo del termine epitaffio, quale sua alterazione popolare in contesti di intonazione scherzosa: la lingua è pirotecnica, frutto di sapiente invenzione dello scrittore e sceneggiatore, inserito nella neoavanguardia sperimentalista del “Gruppo 63”. Questa la lontana genesi della “mise en scene” della terza piece del “Cortile Teatro Festival”, che rappresenta, in una sorta di confessionale, le malefatte di un omuncolo di potere di provincia, che ha attraversato – e riattraversa nel racconto – ogni sfumatura del male, traendo godimento dalla sporcizia e dal fango ove si è rotolato con naturalezza.

Lo script teatrale – adattamento del romanzo malerbiano – di buona fattura, incentrato in un indistinto evo,che diviene parabola che parla comunque al nostro presente, e la ottima direzione dello spettacolo si sono attestati a Orazio Condorelli; la Fondazione Teatro di Noto “Tina Di Lorenzo” si è occupata della produzione.

L’interpretazione di Salvatore Tringali ha costituito di certo il punto di forza della monologante rappresentazione, incentrata sulla narrazione dell’ex stalliere, discendente da una generazione di stallieri, poi signorotto, divenuto tale per avere sposato scientemente la disprezzata figlia del padrone, per puntare a qualunque costo alla conquista del potere; si assiste inerti alla sua discesa agli inferi per mantenere quel potere.

Trattasi di una resa del personaggio del mafioso – che possiamo collocare ai confini del genere umano, quasi storditi dall’assenza di luce che lo schiaccia inesorabilmente – pulita e essenziale, pur se energica alla bisogna, con un linguaggio, in uno denso di sonorità, originalità e comica tragicità, sempre d’effetto, un pastiche siciliano.

Le immutabili dinamiche delle leggi del potere e delle sue pratiche rivivono nel racconto del gaglioffo e, a sua volta, rievocandole, egli pare riassaporarle, senza alcuna parvenza di moralismo. È prepotente, violento, rozzo e forse possiamo intravedere, in tale ricostruzione, un rimando alla figura dello stalliere di Arcore, Vittorio Mangano.

Nessuna redenzione , non si rinviene traccia di volontà di riabilitarsi nel belluino malfattore, che non è pentito del suo passato e dei neri crimini perpetrati, dai quali si autoassolve, ma, a causa di una evirazione, che ai suoi occhi di troglodita rappresenta la massima sciagura, prenderà la decisione di impiccarsi, pur se questo estremo gesto non potrà restituirgli il piacere di riavere, pur se solo per un momento, come accade agli impiccati, l’organo sessuale ben eretto!!

Le scene sono state prospettate volutamente spoglie – una pedana e una sedia-confessionale, con un microfono, che quasi sul finire dello spettacolo il protagonista scaglierà in terra; i costumi dei nostri tempi, completo beige, cravatta a righe nocciola, in pendant con le scarpe, e gli accessori, anello, orologio e occhiali da sole, hanno conferito al personaggio la confacente patina di finta rispettabilità.

Il perfetto disegno luci di Roberto Zorn Bonaventura, ancora, ha evidenziato i passaggi più significativi della drammatizzazione. Le musiche, con la chitarra elettrica di Flavio Riva, che si è esibito scenograficamente dalla finestra del Cortile, hanno sottolineato con un rock duro i passaggi più aspri, pur nella persistente durezza della confessione del piccolo boss.

Altro armonico “Segnale di vita nei Cortili”,dunque, nel solco della rassegna de “Il Castello di Sancio Panza”, rappresentato nel Cortile dell’antico Palazzo Calapai-D’Alcontres – con le collaborazioni e i sostegni noti – con a corredo il rito delle ottime degustazioni dell’esercizio di ristorazione “A Cucchiara” di Giuseppe Giamboi.

Un sincero e forte plauso alla direzione artistica del cartellone di Roberto Zorn Bonaventura per la scelta fin qui condotta di spettacoli di innegabile qualità.

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