Sei anni di reclusione per i 37 morti causati dalla cattiva gestione dell'emergenza, comminati agli allora sindaci di Messina e Scaletta, Briguglio e Buzzanca. Assolti i responsabili della protezione civile, i dirigenti regionali e locali e i tecnici che gestirono il periodo tra il 2007 - il primo devastante alluvione che colpì la zona sud di Messina, e il 1 ottobre 2009. I dettagli.
Erano le 12 in punto quando il giudice Massimiliano Micali ha cominciato a leggere il verdetto che chiude il processo sull’alluvione del 2009. Ci sono voluti quasi 20 minuti perché finisse di leggerlo, davanti ad un’aula affollatissima: i tanti parenti delle 37 vittime, molti sfollati, tantissimi avvocati e anche qualche curioso, insieme ai cronisti, hanno atteso col fiato sospeso quella che è una sentenza storica, per un fatto che è ancora indelebile nella memoria dei messinesi. Alla fine la sentenza lascia parecchi interrogativi aperti, e sarà essenziale leggere non soltanto il dettaglio del dispositivo, ma soprattutto le motivazioni, per capire cosa il giudice ha effettivamente stabilito, nel definire le distanze di quella tragedia.
Il DETTAGLIO: il giudice ha condannato a 6 anni di reclusione l’ex sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca e l’ex sindaco di Scaletta Zanclea Mario Briguglio per i due casi di omicidio colposo plurimo. A Briguglio, la Procura contestava l’omissione dell’adozione del piano di protezione civile finalizzato alla gestione dell’emergenza idrogeologica. Il piano – è l’accusa della procura – avrebbe dovuto definire anche il piano di traffico durante l’emergenza, così da garantire una corretta evacuazione della zona. Al sindaco si contestava anche il non aver dato l’allarme immediatamente e aver “intimato” l’evacuazione della popolazione, una volta scatenatasi la bomba d’acqua, poi non aver realizzato le opere “di scarico” dei detriti solidi, a monte dell’abitato di Scaletta.
La mancata evacuazione dell’abitato e la cattiva gestione dell’emergenza è l’accusa mossa anche all’allora primo cittadino di Messina. A Buzzanca, però, la Procura contestava anche l’aver sottovalutato l’allarme lanciato dalla protezione civile dopo l’alluvione dell’11 novembre 2007, quando la prima pioggia torrenziale devastò il territorio a sud di Messina, e Giampilieri in particolare. Insomma secondo la Procura quell’allarme, rimasto inascoltato, avrebbe dovuto convincere i sindaci a dislocare altrove la popolazione.
Nel dispositivo del giudice Micali vi è un passaggio importante: il giudice condanna i due ex sindaci “nei termini in cui in parte motiva”. Saranno cioè le motivazioni della sentenza a spiegare quale di queste condotte omissive, contestate ai due amministratori, secondo il giudice hanno causato le 37 vittime.
I due ex primi cittadini sono stati anche interdetti dalle cariche pubbliche per tre anni.
Erano accusati di disatro colposo il responsabile della protezione civile regionale, Salvatore Cocina, il commissario straordinario di Messina Gaspare Sinatra, il tecnico del comune di Scaletta, Antonino Savoca, autore della nota del 2003 con la quale chiedeva all’assessorato regionale la modifica del piano stralcio di bacino – e che secondo la procura non aveva inserito il torrente Racinazzi tra quelli a rischio – i dirigenti regionali che definirono il piano stralcio del Piano di Assetto idrogeologico, Alberto Pistorio, Giuseppe Rago,Francesco Grasso, Giovanni Arnone e Tiziana Flora Lucchesi – e che avrebbero dovuto evidenziare meglio le aree effettivamente a rischio. Sono stati assolti per non aver commesso il fatto insieme ai progettisti Salvatore Cotone, Giovanni Garufi, Francesco Triolo e Giovanni Randazzo, quest’ultimo autore della nota geologica a supporto dei lavori di ripristino dei torrenti Racinazzi, Divieto e Saponarà.
A Buzzanca, Sinatra e Cocina erano conteste anche le conseguenze psicologiche patite dagli sfollati nel dopo alluvione, accusa per la quale sono stati assolti.
Insomma a leggere il dispositivo, per il giudice gli unici reati punibili penalmente sono quelli che cristallizzano quei tragici momenti del 1 ottobre 2009: il non aver saputo gestire l’emergenza, dall’allarme non dato correttamente, dopo che la bomba d’acqua era stata segnalata al mancato sfollamento delle popolazioni, passando per il non aver provato a “de localizzare” i residenti, dopo il disastro del 2007, tanto da provocare morti e dispersi, inghiottiti dal fango. L’accusa di disastro colposo non viene invece riconosciuta come tra quelle che ha provocato il disastro in termini di vite umane. E difatti il responsabile della protezione civile regionale, Salvatore Cocina, viene assolto dall’accusa di non aver previsto i lavori di adeguamento a via Puntale e Vallone a Giampilieri, dopo l’alluvione del 2007. Cocina era commissario per l’emergenza, nomitato con ordinanza di protezione civile del 2008.
Erano già stati prosciolti in udienza preliminare i progettisti Carmelo Antonio Melato, Agatino MAnganaro, Stefano Bello.
I RISARCIMENTI. I due sindaci, insieme alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Dipartimento regionale della Protezione civile, dovranno risarcire i familiari delle vittime. Il quantum del risarcimento sarà stabilito in sede civile, ma intanto dovranno liquidare le provvisionali stabilite dal giudice a tutti i familiari, anche per il danno non patrimoniale, e stabilito in somme tra i 100 e i 450 mila euro a testa. I due ex sindaci dovranno anche liquidare le spese processuali alle molte parti civili costituite. Non dovranno invece rispondere dei danni psicologici causati ai sopravvissuti, per i quali sono stati assolti. Caduto il disastro colposo, non sono stati disposti i risarcimenti per le associazioni ambientaliste che si erano costituite parti civili, in particolare Legambiente e WWF.
Assolti quindi i redattori del Piano di Assetto Idrogeologico, che dopo il disastro si scoprì non essere aggiornato da troppi anni – dal 2003, e non prevedere aree che invece erano state segnalate a rischio, soprattutto dopo il 2007. Assolto anche Cocina per non aver effettuato i lavori a Giampilieri, dopo il 2007. Il tecnico si è sempre “difeso” dicendo che sulla scorta del Pai non era stato segnalati il rischio, ma soprattutto “allargando le braccia” lamentando che mancavano i fondi necessari, destinati dalla politica altrove, in altre zone siciliane ritenute più a rischio immediato. Un capitolo della tragedia, questo, rimasto fuori dall’inchiesta. Il PROCESSO E L’INCHIESTA. Nel corso del lungo dibattimento la linea difensiva di tutti gli imputati è stata per lo più impostata proprio sulla mancanza di risorse in grado di garantire l’adeguata messa in sicurezza del territorio, nonché la corretta gestione di quei tragici momenti di emergenza conclamata, per non parlare dell’impossibilità di dislocare altrove tutti gli abitanti delle zone messe a rischio dopo il 2007. Durante il dibattimento le difese hanno poi attaccato duramente la consulenza tecnica della Procura, quasi a sostenere che le conclusioni degli esperti erano “forzate” da una volontà di voler trovare a tutti i costi delle colpe di quel disastro che aveva scosso tutta l’Italia, provocando centiaia di “sfollati ambientali”. L’inchiesta, affidata al sostituto procuratore Antonio Carchietti – oggi presente in aula alla lettura del verdetto – si è basata in particolare sulla perizia appunto. La consulenza ha analizzato la “bomba d’acqua” che si è abbattuta su Giampileri quel giorno, cercando di stabilire se e quanto fosse prevedibile, o se fosse stata prevista; ha poi analizzato la conformazione del territorio su cui si è abbattuta, per capire se la frana che ha travolto Giampilieri era o meno evitabile, anche alla luce degli interventi effettuati dopo il 2007.
Solanto la lettura delle motivazioni farà capire se il giudice ha stabilito che il disastro era inevitabile e non è stato colpa di nessuno, e non è stato il disatro ambientale a provocare le 37 morti ma soltanto la gestione dell'emergenza, o se secondo il togato è stata l'inchiesta ad essere "carente", non avendo approfondito alcuni aspetti della vicenda, invece essenziali per stabilirne le responsabilità. Micali si è preso 90 giorni di tempo per depositare.
Alessandra Serio
PEPPINO BUZZANCA, SENTENZA GIUSTA LA MERITAVI ORA RISARCISCI TU SAI DOVE PRENDERE QUESTI SOLDI TU MI CAPISCI…..
PEPPINO BUZZANCA, SENTENZA GIUSTA LA MERITAVI ORA RISARCISCI TU SAI DOVE PRENDERE QUESTI SOLDI TU MI CAPISCI…..
Niente carcere vero?
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SICURAMENTE IL CARCERE LO Fa QUEI POVERETTI KE RUBANO AL SUPERMERCATO X SFAMARSI
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